by Anna Maria Merlo | 20 Giugno 2017 9:20
Il responsabile, deceduto, era schedato “S” ma mai condannato. La prossima settimana la legge per mettere fine allo stato d’emergenza, che farà rientrare nella legge comune molte norme repressive
PARIGI. Il ministro degli Interni, Gérard Collomb, parla di «tentativo di attentato». Ieri, alle 15.48, un’auto, una Renault Mégane bianca, si è lanciata contro una colonna di camionette della polizia, che stava scendendo lungo gli Champs-Elysées, dall’Etoile verso Concorde. L’impatto contro la prima camionetta è avvenuto qualche centinaio di metri prima del Grand Palais. L’automobile si è incendiata, il conducente è morto. Non ci sono state altre vittime. I poliziotti hanno estratto il conducente dal veicolo, probabilmente l’uomo è stato abbattuto. Nella macchina sono state trovate armi, un kalashinikov, delle bombole di gas, delle cartucce. Una carta d’identità è stata trovata nell’auto.
Qualche ora dopo, è stato rivelato che l’uomo, che si chiamava Adam D., 32 anni, di nazionalità francese e di origine maghrebina, residente nell’Essonne (periferia di Parigi) era schedato «S», cioè sospettato (questa schedatura permette alla polizia di indagare sugli individui sospetti), ma non era mai stato condannato dalla giustizia. La sezione anti-terrorismo della procura di Parigi ha aperto un’inchiesta.
È il secondo attacco o tentativo di attacco terroristico da quando Emmanuel Macron è presidente. Due settimane fa, c’era stato l’episodio di Notre-Dame: un uomo armato di martello aveva aggredito un poliziotto, che era di pattuglia con altri due colleghi sulla spianata di fronte alla cattedrale, urlando: «È per la Siria», rivendicando di essere un soldato dell’Isis. Un altro agente aveva reagito immediatamente, sparando. Due mesi fa, il 20 aprile, gli Champs-Elysées erano già stati al centro di un altro attacco: un poliziotto era stato assassinato, un altro colpito, l’assalitore ucciso, l’incubo del ritorno del terrorismo a due giorni dal primo turno delle presidenziali.
Il ministro degli Interni ha collegato quest’ultimo episodio di violenza con l’iter legislativo che dovrebbe permettere la fine dello stato d’emergenza, che dura ormai dal novembre 2015 (dopo il Bataclan). La misura verrà comunque sostituita da una legge che dovrebbe incorporare nel diritto comune molti aspetti dell’emergenza e per questo preoccupa. Il testo di legge sarà presentato mercoledì prossimo in consiglio dei ministri. «Questo episodio mostra una volta di più che il livello di minaccia in Francia è molto elevato, proporremo una legge che permetterà di uscire dallo stato d’emergenza, mantenendo al tempo stesso un livello di sicurezza elevato – ha precisato Collomb – a chi si interroga sulla necessità di una legge, vediamo che oggi la Francia ne ha bisogno, per poter seguire individui come questo, dobbiamo prendere un certo numero di misure che ci permetta di prevenire».
Lo stato d’emergenza è stato prolungato per sei volte e Macron ha preso l’impegno di mettervi fine. Ma la continua tensione causata dalla sequenza di episodi violenti delle ultime settimane crea un clima favorevole a rendere perenni delle forme di repressione messe in atto in momenti di particolare emergenza. Il rischio di rendere «normale» l’emergenza riguarda soprattutto l’applicazione delle leggi d’eccezione entrate in vigore dopo il Bataclan, che, attraverso domiciliari, perquisizioni e inchieste, hanno colpito molto militanti impegnati contro la Loi Travail, dopo essere state anche utilizzate per limitare le manifestazioni in occasione della Cop21 nel dicembre 2015, subito dopo il Bataclan.
Ieri, gli Champs-Elysées, luogo turistico per eccellenza come Notre-Dame, sono stati evacuati e bloccati per alcune ore. La polizia è intervenuta per un’operazione di controllo, con la ricerca di eventuali mine sistemate in un luogo ad altissima densità.
FONTE: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO[1]
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2017/06/92900/
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