Intervista esclusiva a Timochenko: Addio alle armi, ma il governo rispetti gli impegni
Oggi le FARC-EP consegneranno ai rappresentanti delle Nazioni Unite il rimanente 40% di armi in loro possesso. Il cosiddetto Giorno X, è stato spostato di quasi un mese, perché il governo colombiano ancora non aveva rispettato gli impegni stabiliti nell’Accordo Finale di Pace, firmato lo scorso novembre all’Avana. Le FARC hanno consegnato la prima parte di armi in due tranche del 30% ciascuna. Le armi sono state sigillate in appositi contenitori dai rappresentanti della ONU.
C’è attesa ma anche tensione e preoccupazione per questa giornata che giunge dopo un attentato, sabato scorso, che ha causato la morte di tre donne e il ferimento di una sessantina di persone quando una bomba è esplosa in un centro commerciale di Bogotà.
Le FARC-EP hanno condannato senza mezzi termini questo attentato, “un’azione premeditata che ha come effetto pratico quello di beneficiare esclusivamente chi è interessato a ostacolare la ricerca della pace e la riconciliazione di un popolo che ha sofferto troppo e che desidera non ripetere questa triste pagina della nostra storia”.
Il leader delle FARC-EP, Rodrigo Logono, alias Timochenko, risponde in esclusiva a Diritti Globali dalla Colombia, dove presenzierà all’atto di consegna delle ultime armi.
Ripetendo le parole del comunicato dell’organizzazione guerrigliera, Timochenko sottolinea che “ai nemici della pace vogliamo dire che non desisteremo e continueremo a lavorare per costruire un paese in pace, una Colombia nella quale possiamo vivere tutte e tutti insieme, in pace e con giustizia sociale”.
Comandante Timochenko, l’attentato al Centro Commerciale Andino di Bogota si è verificato a poche ore dalla consegna dell’ultimo 40% delle armi delle FARC-EP. Che giudizio date dell’implementazione degli accordi di pace fino a questo momento?
L’implementazione degli Accordi può essere giudicata da due angoli. Uno, quello del rispetto degli accordi da parte nostra, e il secondo, il rispetto da parte del Governo. Per quel che riguarda il primo aspetto, possiamo assicurare che noi delle FARC siamo stati assolutamente seri. Tutti gli impegni che ci eravamo presi sono stati rispettati rigorosamente e questo è il nostro spirito anche rispetto agli impegni che ancora dobbiamo compiere. Abbiamo firmato per rispettare i nostri impegni. E speriamo che altrettanto faccia l’altra parte. Tuttavia se guardiamo a quanto ha rispettato gli impegni l’altra parte, ci sono alcune differenze. La Colombia e la comunità internazionale possono corroborare i ritardi del governo in molti degli aspetti concordati. La sola infrastruttura delle Zone e Punti Transitori di Normalizzazione [dove sono concentrati i guerriglieri. Ndr] serve come prova di quanto diciamo. Potremo menzionare anche l’applicazione della legge d’amnistia, dove anche forzando le cifre risulta che appena un terzo dei nostri prigionieri sono stati messi in libertà dopo sei mesi di pubblicazione delle legge. Le garanzie di sicurezza giuridica, fisica e di reinserimento lasciano ancora molto a desiderare. Ci aspettiamo una maggior responsabilità e serietà da parte dello Stato. Crediamo che questa inadempienza mini la sua credibilità e per questo facciamo appello al popolo colombiano e alla comunità internazionale affinché facciano pressione sullo Stato. Abbiamo fiducia e pensiamo che la situazione migliorerà in futuro, però ciò non significa che rimarremo a guardare con le braccia incrociate. Esigeremo i nostri diritti perché sono sanciti negli Accordi ratificati dal Congresso della Repubblica nei termini stabiliti dalla Corte Costituzionale. Sappiamo che sono in molti ad accompagnarci in questo impegno.
Lei starà in una delle Zone Temporanee in questa importante giornata. Che si sente in questo momento?
Noi, le FARC, abbiamo raggiunto un importante accordo di fine del conflitto che rappresenta l’apertura delle porte a una partecipazione politica ampia e circondata da tutta una serie di garanzie, non solo per noi, ma per l’insieme dei colombiani perseguitati e che non accettano lo status quo. Contemporaneamente gli Accordi contengono coraggiose misure per riabilitare le zone depresse del campo e garantire un miglioramento del livello di vita dei contadini. Inoltre gli Accordi garantiscono un sostegno alle vittime di diritti che sono stati negati loro storicamente. Questo supporto si esprime in un sistema integrale di verità, giustizia, risarcimento e non ripetizione. Noi, le FARC, lasceremo le armi e ci convertiremo in una organizzazione politica legale, con una serie di garanzie che serviranno a compensare la discriminazione che abbiamo sofferto in materia di diritti politici.
Tutto questo non è stato il prodotto dei sei anni di negoziati, ma di oltre mezzo secolo di lotte che sono costate la vita a tanta gente, il carcere, la sofferenza e la disperazione. L’Accordo Finale raccoglie i fondamentali delle aspirazioni per vivere in un paese democratico e lavorare per trasformazioni più profonde in tutte le sfere della vita nazionale. Tutto questo lo giudichiamo molto positivamente.
Ancora non abbiamo definito come sarà l’atto finale della consegna delle armi nella data prevista [l’intervista è stata realizzata ieri, lunedì 19 giugno 2017. Ndr]. Forse ci sarà un grande atto nel quale il protagonismo nostro sarà il dovuto. Non posso dire esattamente in che Zona o Punto mi troverò. La cosa certa è che sia dove sia, dimostreremo ancora una volta al mondo la nostra responsabilità e serietà.
E adesso che vi attende?
Continuare la lotta, con mezzi legali e pacifici, senza armi per la completa implementazione degli accordi e per le più profonde trasformazioni a beneficio del nostro popolo, della nostra democrazia, della nostra indipendenza come nazioni e per il nostro sviluppo economico equitativo. E’ un compito lungo, difficile, ma ci apprestiamo a realizzarlo con il maggior ottimismo.
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