by Alessio Scandurra, il manifesto | 7 Giugno 2017 16:58
Il 25 maggio è stato pubblicato «Torna il carcere», il XIII Rapporto di Antigone[1] sulle condizioni di detenzione. Quest’anno il rapporto esce solo in formato digitale, consultabile su www.associazioneantigone.it, e corredato di immagini e grafici che speriamo lo rendano più accessibile.
Il messaggio di fondo che il rapporto lancia è però chiaro: i numeri del carcere tornano a crescere. Gli ultimi anni si erano caratterizzatati per un calo significativo della popolazione detenuta, cosa in assoluta contro-tendenza rispetto alla storia meno recente.
Dal 1970 ad oggi infatti la popolazione detenuta è sempre cresciuta, nonostante peraltro i numerosi provvedimenti di clemenza. Dopo ogni provvedimento i numeri in breve tempo tornavano più alti di prima, e probabilmente questa è la situazione in cui ci troveremo nuovamente a breve.
Nel 2010, quando è stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale per il sovraffollamento penitenziario, la popolazione detenuta aveva raggiunto livelli senza precedenti nella storia repubblicana. Da allora è stata avviata una serie di interventi, su numerosi fronti, che ne hanno determinato un calo notevole.
Si è così passati dai 68.000 detenuti del 2010 ai 52.000 del 2015. Ed ora questa stagione è giunta ad esaurimento e si riparte di slancio verso numeri ancora più alti?
Per rispondere a questa domanda bisognerebbe avere la palla di vetro, ma resta il fatto che negli ultimi 6 mesi la popolazione detenuta è passata dalle 54.912 presenze del 31 ottobre 2016 alle 56.436 presenze del 30 aprile 2017, con una crescita di 1.524 detenuti in un semestre. Si tratta di un aumento tutt’altro che trascurabile. Anzitutto perché conferma una tendenza che avevamo già registrato nei mesi precedenti, ma soprattutto perché questo ritmo viene consolidato ed appare addirittura in progressiva accelerazione.
Nel semestre precedente, dal 30 aprile al 31 ottobre 2016, la crescita era stata infatti di 1.187 detenuti. Se i prossimi anni dovessero vedere una crescita della popolazione detenuta pari a quella registrata negli ultimi sei mesi, alla fine del 2020 saremmo già oltre i 67.000. Se il tasso di crescita continuasse ad accelerare, come ha fatto fino ad ora, per la fine del 2020 saremo ancora una volta di fronte a numeri senza precedenti. Con quali conseguenze?
Le conseguenze, come già successo in passato, saranno drammatiche. Come mostrano molti capitoli del rapporto di Antigone di quest’anno, il calo della popolazione detenuta ha migliorato le condizioni di detenzione da molti punti di vista: quando si manda meno gente in galera, il carcere assomiglia di più a ciò che dovrebbe essere. Al contrario, quando ce ne si manda di più, tutto precipita: aumenta il sovraffollamento, si accentua la mancanza di risorse, aumenta la percentuale degli stranieri, degli esclusi, dei detenuti in custodia cautelare o per pene brevi.
E in tutto questo non sorprende che sia aumentata anche la percentuale delle persone detenute per violazione della legge sulle droghe: alla fine del 2010, nel momento di massimo affollamento delle nostre carceri, il 40,2% dei detenuti era in carcere per violazione dell’art. 73 del Dpr 309/90. Questa percentuale era scesa al 32% alla fine del 2015 dopo la bocciatura della Fini-Giovanardi da parte della Consulta, ma al 31 dicembre 2016 era già risalita al 34,2%.
Tutti questi elementi di riflessione danno una indicazione concorde: quando i numeri del carcere crescono, la pena si allontana da ciò che dovrebbe essere secondo la Costituzione, non è più extrema ratio e non è più capace di produrre reinserimento sociale, e dunque sicurezza per i cittadini. E purtroppo i numeri ci dicono che questo è proprio quello che sta nuovamente accadendo.
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