Contro Trump. Ue e Cina, impegno sul riscaldamento climatico

Contro Trump. Ue e Cina, impegno sul riscaldamento climatico

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Donald Trump ritira gli Usa dall’accordo di Parigi, ma vuole «riaprire» negoziati, mettendo fine ai vincoli, a cominciare da quelli finanziari per i paesi poveri, considerati «iniqui per gli Usa». L’uscita, se è sulla base dell’articolo 28, ha tempi lunghi, 4 anni dalla ratifica (4 novembre 2016), la scadenza è novembre 2020, data delle prossime elezioni presidenziali. Trump ha deciso in base alle promesse della campagna elettorale e all’idea della difesa dei posti di lavoro, per «ridurre le regolamentazioni che distruggono l’occupazione», malgrado negli Usa 3 milioni di persone lavorino nelle energie rinnovabili, contro 177mila nel gas e nel petrolio, 50mila nell’estrazione del carbone.

Gli Usa sono assieme a Siria e Nicaragua (in questo caso per ragioni opposte).

L’Unione europea e la Cina si propongono come i leader della lotta al riscaldamento climatico. Ieri, in attesa della decisione di Donald Trump, il primo ministro cinese, Li Keqiang, in visita a Berlino, prima di partecipare oggi al vertice bilaterale con la Ue a Bruxelles dove incontrerà i 27, ha affermato che Pechino attuerà «le promesse fatte in occasione dell’accordo di Parigi». La Cina, ha aggiunto Li, «raggiunto un certo livello di sviluppo deve adottare un modello durevole, che significa che dobbiamo incoraggiare la crescita verde».

Angela Merkel, che ha preso una posizione intransigente nei confronti delle oscillazioni di Trump l’inaffidabile – a differenza della Francia, che accetterebbe un compromesso pur di evitare l’uscita definitiva degli Usa dall’accordo – si è detta «rallegrata» dalla posizione cinese: «Siamo entrambi partigiani del libero scambio e dell’ordine mondiale basato sulle regole». Di regole parla anche il comunicato che oggi firmeranno a Bruxelles i presidenti del Consiglio Ue e della Commissione, Donald Tusk, con il primo ministro cinese – una novità alla conclusione di un vertice bilaterale annuale: Cina e Ue confermano «il massimo impegno politico per l’accordo di Parigi» e lanciano un «appello» al mondo ad attuarlo. Nel comunicato, viene esplicitamente fatto riferimento all’impegno comune di ridurre la dipendenza dalle energie fossili, per lo sviluppo di tecnologie verdi e anche per la ricerca dei 100 miliardi di dollari, promessi ai paesi poveri entro il 2020 per poter mettere in opera l’accordo di Parigi. Il ritiro degli Usa significa un buco finanziario in questo budget, almeno 3 miliardi promessi che verranno a mancare. «Ue e Cina considerano l’azione per il clima, la transizione verso le energie pulite un imperativo più importante che mai», prosegue il comunicato, «gli impatti crescenti dei cambiamenti climatici necessitano una risposta decisiva», nel quadro di «un ordine mondiale basato su regole». Merkel, che se vincerà le elezioni sarà l’ospite della Cop23 a Bonn a novembre, sta lavorando per rafforzare un fronte unito nella lotta al riscaldamento climatico.

Anche Mosca ha reagito in attesa della decisione di Trump. Il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, ha affermato che Putin accorda «grande importanza» all’accordo di Parigi. Ma un eventuale ritiro degli Usa «complica» la sua realizzazione. La Russia assume una posizione attendista, Mosca è tra i paesi che, pur avendo firmato l’accordo della Cop21, non ha ancora ratificato l’accordo di Parigi (già realizzata da 147 paesi, la Cina e gli Usa di Obama avevano simbolicamente scelto lo stesso giorno, il 4 novembre 2016).

Gli europei, che temono un effetto «cattivo esempio», hanno moltiplicato ieri gli avvertimenti a Trump. Ha iniziato il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, con un tweet ironico: «Per favore non avveleni il clima (politico)». Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ha affermato: «Sono partigiano della relazione transatlantica, ma così non va». Per il portavoce della Commissione, Margaritis Schinas, «l’accordo di Parigi è una partnership multilaterale di successo tra paesi del mondo per affrontare un problema comune che minaccia la terra intera e per l’Europa la terra viene prima di tutto».

Secondo l’organizzazione Climate Interactive, il ritiro degli Usa dall’accordo di Parigi si tradurrà in un aumento di 3 miliardi di tonnellate l’anno delle emissioni di gas a effetto serra, che causeranno un riscaldamento di 0,3 gradi in più dei 3 gradi previsti (mentre nell’accordo di Parigi c’è l’impegno di restare sotto +2 gradi). Per il Giec (panel intergovernativo sul clima), che ha preso il Nobel, questo significa che gli altri paesi dovranno aumentare i propri obiettivi del 10-15% per colmare l’effetto dell’uscita degli Usa.

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