Macron sceglie un primo ministro di destra, Edouard Philippe

Macron sceglie un primo ministro di destra, Edouard Philippe

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PARIGI. Emmanuel Macron ha nominato un primo ministro “di destra”. E’ con questi termini che si è autodefinito ieri, al momento del passaggio dei poteri a Matignon, Edouard Philippe, 46 anni, avvocato, enarca, finora sindaco di Le Havre e deputato Lr, figlio spirituale di Alain Juppé. Una scelta che Macron ha offerto ieri a Angela Merkel, nell’incontro a Berlino, come segnale “violentemente moderato” (è un’altra auto-definizione del primo ministro, che ha passato il Baccalauréat a Bonn, una nomina che si spera gradita alla Germania, come quella del consigliere diplomatico dell’Eliseo, Philippe Etienne, ambasciatore a Berlino dal 2014). Macron ieri, con la nomina di un sicuro pro-europeo a Matignon e con il primo viaggio della presidenza a Berlino, ha tracciato la linea che seguirà, nel tentativo di “rifondare e rilanciare” la Ue, per avere “un’Europa più efficace, più democratica, più politica, poiché è lo strumento della nostra potenza e della nostra sovranità”, come il neo-presidente ha affermato nella cerimonia di insediamento all’Eliseo domenica. Merkel ha parlato di “nuova dinamica europea”, annunciando per luglio un consiglio dei ministri franco-tedesco. Macron ha delle richieste precise da presentare alla Germania, per un’Europa che “protegge” con una Francia che “riforma”: una maggiore integrazione della zona euro (budget, ministro delle Finanze e parlamento della zona euro), un new deal di investimenti comuni (digitale, difesa)e, da subito, una revisione della direttiva sui lavoratori distaccati, che in Francia è diventata uno spauracchio che simboleggia il dumping sociale. Macron insiste sul diritto d’asilo europeo.

La scelta di un esponente di Lr ha la sua logica. Macron ha fatto esplodere il Ps, dove una parte è già in corsa per entrare nella maggioranza presidenziale. Adesso punta a far esplodere la destra, cercando di staccare l’ala dei fedeli di Juppé, cioè i più centristi. A destra, le reazioni sono state molto nervose. Bernard Accoyer, segretario generale di Lr, vede solo “una decisione personale” di Edouard Philippe e “non un accordo politico” con En Marche. A Lr parlano di “ambiguità” per le prossime legislative. Ma due ore dopo la nomina di Edouard Philippe, già una ventina di deputati Lr – tutti nomi molto noti, tra cui Christian Estrosi, ridiventato due giorni fa sindaco di Nizza – “esortano” i Républicains a “rispondere alla mano tesa di Emmanuel Macron”. Non ha detto niente di diverso Alain Juppé, appena è stato confermato il nome del suo protetto a Matignon: “entriamo in un sequenza politica nuova con le legislative, porto il mio appoggio ai candidati sostenuti da Lr e dall’Udi” (centro destra), ma “se la destra e il centro non ottengono la maggioranza all’Assemblea, il paese non capirebbe un’opposizione sistematica, bisognerà trovare le vie e i mezzi in una direzione costruttiva per la Francia”, cioè con una collaborazione con Macron. En Marche cerca la maggioranza assoluta, passando per l’esplosione dei partiti tradizionali.

E’ anche l’interpretazione di Jean-Luc Mélenchon, che sta cercando di fare la stessa cosa concentrato sulla sinistra, per rappresentare da solo l’opposizione. “Macron controlla tutta la classe politica tradizionale – ha affermato il leader della France Insoumise – ha annesso la destra, mentre il Ps è già assorbito e gli elettori del Fronte nazionale sono abbandonati. All’opposizione resta una sola forza coerente, France Insoumise, che dice: non date i pieni poteri a Emmanuel Macron e al suo primo ministro, fermate una maggioranza di bric à brac, un insieme azzardato, un cesarismo pericoloso, permettete che esista un’alternativa”. Anche il Ps cerca di esistere. Per Olivier Faure, presidente del gruppo socialista all’Assemblea, “il quinquennato inizia con una marcia indietro”, definendo Edouard Philippe come “un deputato che non ha mai preso le distanze dall’opposizione radicale di destra” durante la presidenza Hollande, che non ha mai cercato di stabilire “un incontro progressista” quando “avrebbe potuto aver luogo”. Per il Ps, “gli atti contraddicono la volontà progressista di Macron”, quindi “saranno le legislative a decidere”. Benoît Hamon constata che Macron “ha dato le chiavi del governo a un uomo di destra” e che “il posto della sinistra non è né nel governo né nella maggioranza che lo sosterrà. La democrazia francese è malata. Bisogna uscire dall’indifferenziazione destra-sinistra e dalla confusione politica, perché non fanno che favorire tutte le radicalità. Chi puo’ credere che la sinistra si ricostruirà in una coalizione diretta da un membro dei Républicains? Non è una cosa né seria né credibile”. Per Pierre Laurent, segretario del Pcf (che ha ormai rapporti molto tesi con Mélenchon), “Macron ha mostrato il suo vero volto, né a sinistra né a sinistra, che nasconde vecchie ricette del liberismo, vuole un governo con le mani libere per abbattere il codice del lavoro”.

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