Senegalesi in piazza a Roma: «Verità per Nian Maguette e basta blitz»
Sono tre giorni di seguito, con oggi, che i venditori ambulanti senegalesi di Roma sono in piazza, dopo la morte di Nian Maguette di 54 anni durante un blitz anti abusivi e «per il decoro» dei vigili. Dopo la prima assemblea al Pigneto, ieri in oltre duecento si sono riuniti in presidio a piazza Santi Apostoli, a due passi dalla centralissima Piazza Venezia, arrabbiati ma pacifici, circondati da blindati di polizia e carabinieri.
E oggi alle 15 si riuniranno in corteo con centri sociali e associazioni antirazziste a piazza Vittorio. Chiedono a gran voce «verità e giustizia per Nian», che in molti credono morto non di infarto, secondo la versione ufficiale -in attesa dell’inchiesta aperta dal sostituto procuratore Francesco Paolo Marinaro per omicidio colposo -, ma perché sfibrato dai continui inseguimenti, forse investito o fatto cadere a terra dai poliziotti in borghese del corpo di Roma capitale.
Sotto la Prefettura ieri, seduti in cerchio, hanno lanciato slogan alla fine degli interventi più applauditi, alcuni in italiano, altri in francese o in wolof. Mentre gli striscioni stesi per terra attaccano i decreti Minniti e pretendono la fine delle retate.
Un cartello indica l’hastag «dimaggiosimuore», gioco di parole tra il mese appena iniziato con mega rastrellamenti a Milano e a Roma in nome del «decoro» e il vice comandante Antonio Di Maggio, a capo della squadra speciale sicurezza della Municipale romana. Come prima rivendicazione alla sindaca Raggi c’è proprio lo scioglimento di questa squadra, potenziata con la giunta Alemanno.
«I vigili dicono che non hanno inseguito Nian, assicurano che non fanno inseguimenti ma li ho visti poche ore fa che rincorrevano un gruppetto di ambulanti cingalesi all’Eur», dice un ragazzo al microfono. E un altro: «Non siamo delinquenti, preferiamo morire di fame che perdere la dignità, perché la polizia tollera droga e prostituzione e a noi che ci guadagnamo il pane onestamente dà la caccia?». Aboubakar Soumahoro, responsabile immigrazione dell’Usb, sostiene che Nian «non è caduto morto per caso, le vie della città erano la sua fabbrica» e chiede al Campidoglio posti assegnati, regolari, «perché nessuno più debba alzarsi la mattina e affrontare la persecuzione della squadra Di Maggio per lavorare».
Tra i manifestanti sono presenti anche i fratelli e i cugini di Nian Maguette – la differenza non è netta tra i due gradi di parentela in Senegal – Nian M. di 37 anni è uno di loro e racconta chi era l’uomo che si è accasciato in una pozza di sangue mercoledì all’ora di pranzo in una via del Ghetto. Dice che era arrivato in Italia nel 2002 in aereo, aveva ottenuto il permesso di soggiorno e aperto una partita Iva, quindi pagava le tasse quando poteva, ma ce la faceva a stento a mandare in Senegal 500 euro al mese con cui campava l’intera famiglia composta da tre mogli e 15 figli, il più grande di 15 anni e il più piccolo di un anno. Non gli risulta che fosse malato. Oggi i risultati dell’autopsia sul corpo faranno, si spera, chiarezza.
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