Il new old Labour di Jeremy Corbyn

Il new old Labour di Jeremy Corbyn

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LONDRA. Dopo la falsa partenza della scorsa settimana – una fuga di notizie ne aveva anticipato i contenuti – ecco in tutto il suo socialistico fulgore la versione definitiva e ufficiale del manifesto del partito laburista per le elezioni politiche del prossimo 8 giugno, che il partito è stato finora il primo a presentare. Lo ha fatto ieri un Jeremy Corbyn ispirato, sempre più a suo agio nel gestire situazioni ad alto tasso audiovisivo, in un luogo simbolico del socialismo inglese, l’università di Bradford nello Yorkshire, città operaia e con una vasta comunità islamica e che fu di Harold Wilson, due volte primo ministro laburista (nel 1964-70 e nel 1974-76).

È UN PROGRAMMA elettorale di speranza «per i molti e non i pochi», con uno slogan che non gira intorno alle cose, come il resto del documento. Per dare a ogni generazione «speranza e opportunità» in un paese dove sette anni di governo conservatore hanno tagliato le imposte alle élite e ridotto i sussidi di milioni di famiglie in difficoltà. «Questo manifesto è per voi» ha detto Corbyn. Per poi squadernare un programma di pianificazione economica da manuale del ministro delle finanze socialdemocratico: fine dello scandalo dei contratti a zero ore, pensioni agganciate all’inflazione protette, cancellazione delle tasse universitarie (aumentate a novemila sterline annue dalla coalizione Tory-Libdem), taglio ai salari siderali dei top manager, nazionalizzazione di ferrovie, energia elettrica, acqua (privatizzata da Thatcher nell’89, ci sono oggi nove compagnie idriche nella sola Inghilterra), poste. Sostegno incondizionato alla sanità pubblica, più poliziotti e vigili del fuoco per rimediare ai tagli dell’austerity, reintroduzioni di fasce di sussidi alle famiglie e altre delizie. Le nazionalizzazioni di ferrovie e la cancellazione delle tasse universitarie sono state accolte con l’applauso più lungo.

Il tutto sarà pagato con una sberla fiscale alle salubri gote dei più abbienti: aumento della tassa sul reddito e sulle imprese (quest’ultima del 26%) e un serio proposito di combattere l’evasione fiscale. Un programma «radicale e responsabile», che chiama in causa «i più ricchi e le grandi aziende a pagare un po’ di più». Una pressione fiscale come non si vedeva nelle economie occidentali dagli anni Settanta: così il partito punta a racimolare gli 86,4 miliardi di sterline che totalizzano i costi di queste riforme.

QUESTO È IL PRIMO manifesto di quello che ormai potremmo chiamare il New Old Labour. E segna il tardivo e fortuito rinsavimento di un partito che, da troppo tempo avvitato in una spirale centro-centrica, si è improvvisamente ricordato chi è. Complice anche una serie di spettacolari sperequazioni sociali sulle quali finalmente anche questo paese si sta seriamente interrogando, benché il dramma odierno della politica rimanga la Brexit strategy (o la sua mancanza). Nella quale Corbyn – che ha cercato come poteva di fornire una lettura univoca del problema da parte del partito – assicurerà un’uscita dall’Ue che tuteli i diritti del lavoro, cercando un accordo con Bruxelles nel segno del mantenimento dell’accesso al mercato unico e della garanzia dei diritti dei rispettivi cittadini. La libera circolazione del lavoro finirà, ma «in modo giusto». Un sacrosanto colpo di spugna al blairismo nel segno del ritorno della vecchia lotta di classe, che si ritrova sdoganata dopo cinquant’anni d’esilio. Anche per questo Theresa May, che ha concentrato su di sé e non sul suo partito la campagna Tory, si è affrettata a scippare (male) la retorica e perfino certe misure correttive Labour. Lunedi è stata aspramente contestata da una donna disabile in uno dei pochi incontri elettorali senza i soliti pretoriani sorridenti.

MA SONO STATI l’assai applaudito ringraziamento di Corbyn per i migranti economici che lavorano nel settore pubblico e la rilettura dell’abusato concetto di interesse nazionale il suggello ultimo a un manifesto che sta piacendo quasi ovunque: «Il nostro paese riesce se a riuscire è ciascuno di noi» ha detto Corbyn.

La società, che Thatcher aveva fatto uscire dalla porta, rientra dalla finestra.

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