Nord Corea, tre missili in tre settimane

by Simone Pieranni, il manifesto | 30 Maggio 2017 8:27

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Con il nuovo lancio di un missile balistico, il terzo in tre settimane, il dodicesimo nel 2017 e siamo solo a fine maggio, Kim Jong-un tenta forse di arrivare in una condizione di forza al prospettato e auspicato negoziato, ma rischia di complicare – e non poco – non solo la via diplomatica, ma la generale situazione asiatica.

Per quanto riguarda le due maggiori potenze in gioco, Pechino ha chiesto a Pyongyang di tornare «al binario corretto del dialogo pacifico» e ha sottolineato che la situazione in Corea del Nord è ancora «complessa e sensibile» chiedendo a tutte la parti coinvolte di mantenere la moderazione.

L’impressione è che la Cina stia patendo la necessità di fronteggiare Kim Jong-un, la cui imprevedibilità rischia di offuscare l’immagine di potenza che la Cina sta cercando di diffondere, oltre a portare continue tensioni in una regione che Pechino necessita pacifica. Dagli Stati uniti invece di comunicazioni ufficiali, se non per confermare che il presidente era stato «avvertito del lancio», è arrivato puntualissimo il tweet di Donald Trump: «La Corea del Nord ha di nuovo mancato di rispetto a Pechino. Ma la Cina ce la sta mettendo tutta!».

Mentre ci si chiede se quello di Kim sia un gesto capace di avvicinare sempre più il limite di un baratro che nessuno vuole, si osserva anche un addensarsi di potenze interessate o invitate a guadagnare un ruolo nella crisi.

Se fino a poche settimane fa tutto appariva in mano a Pechino, con la necessità cinese di districarsi tra Kim Jong-un e Donald Trump, dopo questo ennesimo lancio si devono registrare passi diplomatici importanti da parte di Russia e Francia. Mosca ha condannato in modo fermo il test in modo analogo a Pechino. «La situazione in Corea del Nord è «molto pericolosa e delicata», ha ricordato ieri Putin.

Si tratta di un approccio già espresso in occasioni di altre escandescenze balistiche di Kim, ma questa volta Mosca ha specificato anche che, ai partner «con i quali stiamo lavorando sulla questione chiediamo di mostrare moderazione, compresa l’attività militare nella regione». Un chiaro riferimento agli Stati uniti che oltre ad avere installato il sistema anti missile Thaad in Corea del Sud ora hanno portato tre portaerei nella zona. Parole, quelle di Mosca, che confermano una nota vicinanza tra Cina e Russia ma soprattutto tra quest’ultima e Pyongyang: la relazione tra i due paesi è data in forte evoluzione negli ultimi tempi. Questo potrebbe significare un aumento del peso russo nella «crisi»: c’è da chiedersi che ne pensano a Pechino.

Per quanto riguarda la Francia, Macron ha condannato il lancio ma è stato investito dal neo presidente Moon Jae-in di un potenziale ruolo «chiave» nella risoluzione della crisi, a testimoniare come ormai in pochi in Asia credano ancora negli Stati uniti. «Ci aspettiamo che la Francia sia in grado di aiutare nella risoluzione della questione nucleare nordcoreana, grazie all’esperienza acquisita nell’avere giocato un ruolo molto importante sul nucleare iraniano», ha dichiarato Moon.

In tutto questo teatro, sospeso tra negoziato e minacce militari, c’è anche il Giappone. Ieri, stando alle informazioni delle autorità di Tokyo, l’esercito nordcoreano avrebbe lanciato «uno o due missili balistici a corto raggio simili agli Scud»; uno dei due – secondo quanto ha riferito il segretario di gabinetto giapponese, Suga Yoshihide – ha compiuto una parabola di 450 chilometri, «inabissandosi nel mar del Giappone», all’interno della zona economica esclusiva giapponese.

Alcuni esperti di cose militari, però, ieri hanno fatto notare come sulle mappe, a 450 chilometri da Wonsan, dove è avvenuto il lancio, non ci sarebbe il mar del Giappone quanto una zona di mare contesa tra Tokyo e Seul. Questo significa poco in termine di capacità balistiche di Pyongyang, ma la puntualizzazione giapponese sul luogo dove il missile si sarebbe inabissato, rende bene l’idea di un continente in preda a potenziali scontri tra più paesi, rendendo la soluzione dei nodi diplomatici molto complicata. Shinzo Abe non si è fatto scappare l’occasione, rendendo nota l’intenzione di adottare «misure specifiche» con gli Stati uniti «per contrastare le minacce del regime di Kim Jong-un».

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