Lavoratori edili in piazza per pensioni e investimenti
I due nuovi decreti del governo non sono sufficienti. Genovesi (Cgil): «Piano Casa Italia e risorse per le infrastrutture, o il Paese non riparte»
In piazza per un sistema pensionistico più equo – troppi gli operai ancora sulle impalcature a 60-70 anni – contro il lavoro nero e per la sicurezza, per appalti congrui e un giusto contratto. Gli edili italiani si mobilitano domani in una serie di manifestazioni interregionali – a Bologna, Roma, Bari, Palermo, Cagliari – per chiedere al governo e alle imprese un lavoro di maggiore qualità. E più investimenti: per far ripartire il Paese, il Mezzogiorno, le periferie e la provincia, grazie a opere di riqualificazione, strade, infrastrutture.
«L’edilizia deve tornare a essere un settore strategico per il paese – spiegano i segretari generali di Fillea Cgil, Filca Cisl e Feneal Uil, Alessandro Genovesi, Franco Turri e Vito Panzarella – Chiediamo investimenti e lavoro contro una crisi senza precedenti che continua a sferrare colpi, come dimostrano anche gli ultimi dati dell’Osservatorio casse edili: – 45% dei lavoratori, – 50% della massa salari , – 58% delle ore lavorate, -44% delle imprese a gennaio 2017 su gennaio 2008».
Critica innanzitutto la questione pensioni, e la stessa soluzione data ieri dal governo, che ha varato due decreti (dpcm) sull’Ape (l’anticipo pensionistico) non è ancora sufficiente. «La firma dei decreti relativi ad Ape sociale e lavoratori precoci – sostiene Roberto Ghiselli, segretario confederale Cgil – consente a qualche decina di migliaia di lavoratrici e lavoratori in condizioni particolarmente difficili di poter anticipare l’età di pensione, senza alcun costo o penalizzazione, e questo è positivo. Ma ci sono alcuni limiti, nodi irrisolti, nel provvedimento».
Secondo la Cgil c’è prima di tutto un problema, più generale, che riguarda «la scarsità delle risorse messe a bilancio: solo 660 milioni di euro nel 2017, con la conseguente restrizione delle platee». Poi, in particolare per chi lavora sulle impalcature, si ravvisano «eccessivi vincoli normativi che penalizzano chi ha lavori discontinui, come gli edili, gli appalti e i lavoratori agricoli». Infine, «l’esclusione di molte attività gravose e il mancato accesso alle misure dei disoccupati che sono tali per la scadenza di un contratto a termine».
Sulla questione Ape, ancora irrisolta per gli edili, il segretario Fillea Cgil Genovesi spiega che «negli ultimi anni gli infortuni mortali tra i lavoratori anziani sono cresciuti enormemente: nel 2016 il 22% del totale delle vittime aveva più di 60 anni». «Mandare gli edili anziani in pensione è innanzitutto un atto di giustizia, ma anche una leva per favorire quel ricambio generazionale e professionale necessario ad affrontare la nuova sfida delle costruzioni, quella che il Cresme chiama il primo ciclo dell’ambiente costruito, fatto più da rigenerazione, antisismico, risparmio energetico che non da nuove edificazioni».
Secondo Genovesi il governo dovrebbe approntare «un Piano periferie, la riqualificazione dell’edilizia popolare residenziale, piani straordinari di manutenzione delle infrastrutture, a partire da strade e viadotti : il 65% delle infrastrutture stradali e autostradali risale agli anni 60 e 70, solo il 10% è degli ultimi 25 anni».
Infine, secondo il segretario Fillea, «è stato un errore mettere in un cassetto il Piano Casa Italia», perché rappresenterebbe «il vero Piano del Lavoro di cui il Paese ha bisogno».
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