Contro la fortezza Europa, un Mediterraneo equo, aperto e sicuro

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Mediterraneo. Appello del rappresentante palestinese, la presidente della Camera Boldrini: «Non lo ignoriamo»

Che significa sicurezza? Nell’epoca degli stati di emergenza, dei decreti per il decoro e dei muri, se n’è perso il senso: sicurezza economica, giustizia sociale, lavoro, crescita inclusiva.

Temi che ieri sono stati al centro del vertice dei Parlamenti dell’Unione per il Mediterraneo. Riuniti in Senato (oggi passano alla Camera insieme a 300 parlamentari di oltre 40 paesi), i presidenti dei parlamenti dei 28 Stati Ue, di Balcani, Nord Africa e Medio Oriente hanno approvato un documento in cui si impegnano a sostenere i paesi in fase di transizione democratica e a promuovere politiche per l’occupazione e un’accoglienza che combatta razzismi e xenofobie.

Un punto centrale che l’Ungheria ha cercato di rimuovere senza successo dal testo e che Grecia e Giordania hanno tenuto alto: filoxenia e apertura, così i presidenti dei parlamenti di Atene e Amman hanno raccontato gli sforzi degli ultimi anni per accogliere rifugiati siriani, iracheni, afghani, palestinesi. Insistendo di nuovo sul reale concetto di sicurezza: disuguaglianze sociali, disoccupazione e povertà sono i veri generatori di conflitto, le radici dell’emarginazione e della paura.

Il tema è stato ripreso dal presidente del Senato, Piero Grasso: «Le diseguaglianze mettono in pericolo la coesione sociale, allontano dalla cittadinanza attiva e creano le condizioni per illegalità e radicalismo. Responsabilità della politica è realizzare un progetto di futuro in cui la cittadinanza non si edifica su religione, nazionalità, lingua o etnia ma sulla condivisione di valori».

In tale contesto sono suonate ancora più dolorose le parole di Zuhair Sanduqa, presidente del Consiglio Nazionale Palestinese, nel raccontare la vita quotidiana del popolo palestinese sotto occupazione israeliana.

Un appello «accorato», l’ha definito la presidente della Camera, Laura Boldrini: quello portato in Senato ieri, ha detto Boldrini, «è un problema enorme che sappiamo esistere, non possiamo ignorare questo dato quando parliamo di sviluppo sostenibile che deve essere diffuso a tutti su principi democratici».

Sanduqa ha tracciato i limiti di quel concetto di sicurezza contro cui ogni giorno il popolo palestinese sbatte: «Come possiamo noi palestinesi parlare di sviluppo economico? Abbiamo 600 posti di blocco solo per spostarci da una parte all’altra, tre offensive recenti contro Gaza che hanno distrutto tutto, anche gli alberi, 6mila prigionieri nelle carceri israeliane. Come possiamo sentirci sicuri?».

«Dal 1948 siamo sotto occupazione di Israele, in condizioni di tragedia e estrema sofferenza. Come possiamo pensare ad uno sviluppo?».

Non si può, come non si può pensare a un Medio Oriente stabile senza risolvere la questione palestinese sulla base di criteri di giustizia. Da lì, dice Boldrini, passa il nuovo ordine del Mediterraneo, lo spirito di Ventotene: «Non ci dobbiamo chiudere nella fortezza Europea».

Di nuovo ordine aveva parlato poco prima il premier Gentiloni, in riferimento all’esigenza di combattere tratta dei migranti e terrorismo: «Nuove domande sociali richiedono una regione più stabile. L’Europa deve avere lo sguardo verso sud e l’Italia ha lavorato per farlo capire».

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