PD: L’affluenza tiene (ma non nelle regioni rosse), Renzi torna segretario
ROMA Quasi il doppio della fatidica soglia considerata il minimo per un successo da Matteo Renzi, un milione. Decisamente meno rispetto ai 2,8 milioni delle primarie del 2013. L’affluenza alle primarie — tra 1,9 milioni e 2 milioni di voti — si colloca in quella via di mezzo che fa esultare il segretario uscente, «una grande festa della democrazia», e che fa storcere il naso ai due sfidanti, Andrea Orlando e Michele Emiliano. Ma al di là dell’affluenza, il risultato finale rispetta le previsioni (con dati che nella notte ancora cambiavano): Matteo Renzi è il nuovo segretario del Partito democratico, con oltre il 70 per cento. A seguire, il ministro della Giustizia Andrea Orlando, dato intorno al 21 per cento (al 23-24, secondo il suo comitato). Ultimo, il governatore della Puglia Michele Emiliano: i dati di You Trend lo posizionavano all’8 per cento, mentre il comitato a mezzanotte parlava del 12 per cento.
A fine sera Renzi parla dal Nazareno, lanciando due nuove parole d’ordine: «responsabilità» e «umiltà». Il nuovo segretario rivendica il voto: «Noi abbiamo un popolo, non salotti o tweet. E questa non è una rivincita, non è il secondo tempo della stessa partita, ma una pagina nuova». E non si dica che è il Partito Di Renzi: «Come si fa a dire che questo è un partito di un uomo solo? Può essere che abbia un leader forte, lo vedremo. Ma questo partito ha una comunità forte». In nottata arriva anche il messaggio di Emmanuel Macron con le sue «felicitations» e un parallelo con il voto francese.
Renzi vince bene anche in regioni di sinistra, come l’Emilia-Romagna. Ma c’è un forte calo rispetto al 2013 proprio in regioni come Emilia-Romagna, Toscana, Piemonte, Umbria e anche in alcune città come Genova e Firenze. In Emilia-Romagna votano in 200 mila, la metà del 2013. Spiega Sandra Zampa: «I dati di questa regione testimoniano che il Pd è cambiato ed è diventato il Pdr, il partito di Renzi».
La sua vittoria così netta sarà un problema per il governo Gentiloni? No, secondo il ministro Dario Franceschini: «Questa vittoria rafforza il governo, non lo indebolisce». Conferma Lorenzo Guerini: «Non si va verso un voto anticipato». Il premier, nel frattempo, si congratula via telefono dal Kuwait con Renzi.
Il tema delle alleanze viene ripreso da diversi esponenti renziani. Come Emanuele Fiano, che smentisce un rapporto privilegiato con Berlusconi: «Renzi non ha mai parlato di un’alleanza con Forza Italia». E Renzi parla di «grande coalizione con cittadini non con presunti partiti».
Se qualcuno pensava che dopo il voto ci potessero essere ulteriori fuoriuscite, dopo la nascita di Mdp, Francesco Boccia smentisce: «Non abbiamo voluto la scissione, ci batteremo all’interno. Rispetteremo chi ha vinto ma chi ha vinto deve rispettare chi ha perso. Saremo leali ma non ubbidienti». Anche Emiliano conferma che lavorerà «per costruire il Pd del futuro». Gianni Cuperlo risponde con chiarezza che non lascerà il Pd. Ma aggiunge: «Il partito va diretto non comandato». Fa discutere l’evocazione dei nemici interni, visto che l’ex premier durante il viaggio per Roma rispolvera un vecchio termine divisivo, postando una foto di uno zainetto con «gufi colorati». Ma intanto, il Pd prova a ripartire: «C’era chi aveva già fatto il funerale alle primarie — dice Guerini —. Ma ancora una volta il popolo Pd li ha sonoramente smentiti».
Alessandro Trocino
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