Gli Usa si arrendono: «La testa di Assad non è la priorità»

Gli Usa si arrendono: «La testa di Assad non è la priorità»

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La guerra in Siria, ormai quasi invisibile, prosegue: a nord, dove forti sono le tensioni intorno alla preda comune Raqqa, e a sud dove il confine con Israele è terreno di scontro tra forze pro-governative e opposizioni.

Prosegue anche al centro del paese dove a confrontarsi sono gli islamisti legati ad al Qaeda e il governo di Damasco: negli ultimi giorni le truppe di Assad hanno ripreso 16 villaggi nella provincia di Hama alla federazione islamista Tahrir al Sham, guidata dall’ex al Nusra.

Ma tensioni si registrano anche sul piano diplomatico: dopo la visita ad Ankara del segretario di Stato Usa Tillerson, volta a trovare una via d’uscita soddisfacente per tutti (soprattutto per l’alleato turco), ieri un altro colpo è stato assestato al fronte anti-Assad.

L’ambasciatrice Usa all’Onu Nikki Haley ha detto ieri che la rimozione del presidente siriano non è più la priorità di Washington, alla ricerca oggi di una nuova strategia per porre fine al conflitto. Ovvero, Trump si allinea ufficialmente alla Russia, che da un anno e mezzo ha in mano la gestione, quasi in solitaria, della crisi.

Haley ha tentato di indorare la pillola alle opposizioni finanziate e armate per anni e anche agli alleati, dal 2011 schierati contro Assad, a partire da Turchia e Arabia saudita: spetterà, ha detto, al popolo siriano scegliere il proprio governo, magari senza Assad.

Immediata è stata la reazione dell’Alto Comitato per i negoziati, federazione delle opposizioni voluta da Riyadh: «Non accetteremo mai alcun ruolo per Assad, in nessuna fase della transizione», ha detto il portavoce Makhos.

Ma la nuova amministrazione Usa segue le orme tracciate nell’ultimo anno dal predecessore Obama: persa la guida diplomatica e militare della crisi siriana, la Casa bianca opta per la guerra all’Isis per risollevare le proprie sorti in Medio Oriente.

Non a caso gli interventi si concentrano su Raqqa, lontano dal tavolo Onu di Ginevra. Tavolo da cui potrebbe allontanarsi anche l’attuale inviato delle Nazioni Unite de Mistura: il mandato è scaduto e non si sa ancora se sarà rinnovato.

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johangaltung

Sembra che si possa scomporre il rompicapo siriano in tre livelli.

In cima vi è il conflitto su chi dovrà governare in Siria: la minoranza shiita cui appartiene Assad, il 13%, per di più alawita – o preferibilmente il partito del Baath, più secolare, socialista-dittatoriale, ripettoso delle altre minoranze (cristiani, armeni, “assiriani”, drusi, kurdi, turcomanni) – o una maggioranza sunnita, il 73%, dittatura che non mostra questa forma di rispetto.

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