Migranti. l’origine della fake news sulle ong
Nessuna prova, ma la narrazione tossica delle organizzazioni umanitarie trasformate in «taxi» dai trafficanti di esseri umani continua a farsi largo. Il bostoniano Dan Dennett, uno dei più importanti filosofi cognitivi viventi, che molto ha da dire sul meccanismo delle fake news, lo definirebbe «un meme aggressivo». Per destrutturarlo bisogna trovarne la fonte o le fonti.
BLOGGER Come ha ammesso Nicola La Torre, presidente della commissione Difesa del Senato nella prolusione all’audizione – registrata e reperibile sul sito di Palazzo Madama – del direttore dell’agenzia Frontex Fabrice Leggeri, più che inchieste giornalistiche si parte da «blogger». In effetti Leggeri stesso non ha saputo circostanziare le sue accuse alle ong se non citando indistinti «racconti di migranti durante i nostri debriefing».
Neanche scartabellando il rapporto dell’agenzia europea per la sorveglianza delle frontiere Risk Analysis 2017, pubblicato a metà febbraio, si trova alcun riferimento preciso su eventuali contatti tra le navi delle ong e i contrabbandieri in Libia.
NELLE 64 PAGINE del rapporto di Frontex, oltre a belle foto, mappe, infografiche sui flussi migratori, restano due paginette di testo nelle quali viene prospettato un cambio di strategia dei trafficanti, quello di sfruttare l’avvicinamento delle missioni Sar (search and rescue) «vicino o dentro le 12 miglia marine», il confine delle acque libiche. «A quanto pare – si legge – tutte le parti coinvolte nei soccorsi (Sar) nel Mediterraneo centrale aiutano involontariamente i criminali», che diminuiscono i loro costi (gommoni sfondati anzichè barconi in legno ndr) e «rafforzano il loro modello di business».
I VECCHI PESCHERECCI e bagnarole usati fino a due anni fa in effetti sono stati obiettivo da distruggere della missione militare Eunavfor Med, come ha documentato la rivista The Intercept. Ma dov’è che l’aiuto delle ong ai naufraghi da «involontariamente» è diventato un assist programmato ai trafficanti? In Italia ha spopolato, diventando virale, un video di Luca Donadel, postato lo scorso 6 marzo e poi rilanciato da Striscia La Notizia. Lì, prendendo in esame le rotte delle navi di soccorso tramite il sito a pagamento marinetraffic.com si confeziona una pseudoinchiesta sostenendo che le navi delle ong fanno la spola con l’Italia «invece di portare i migranti nel porto più vicino di Zarzis in Tunisia». Il giovane Donadel – ha 23 anni – chiude con la sponsorizzazione del libro di Mario Giordano, direttore del Tg4, conquistandosi un posto sulle reti Mediaset, mentre altri suoi video sono rimasti più negletti: incluso uno che dice di aver scoperto da dove nasce l’Isis, «da Maometto». In questo caso però non è farina del suo sacco: pesca a piene mani da un altro filmato, più noioso, in inglese, del sito Gefira.
GEFIRA è all’origine della narrazione tossica, anche perché il suo video, che pure usa le rotte marittime e indica il negletto porto tunisino di Zarzis come prova dell’accordo tra contrabbandieri e volontari del Moas, ong maltese dei due magnati Christopher e Regina Catrambone, con finanziamenti di George Soros, risale all’ottobre scorso. Gefira non è un «think tank» anche se ci prova con spolverate di geopolitica che propagandano un’Europa «dalle radici cristiane», contro «lo smuggling su scala industriale delle ong che mina con la complicità dell’establishment europeo la sopravvivenza dell’Europa» sul piano demografico.
IL DOMINIO del sito è stato registrato da Bart Kruitwagen e ha sede allo stesso indirizzo, a Nijmegen nei Paesi Bassi, della società di cui Kruitwagen è ad che offre servizi di traduzione simultanea in tedesco, polacco etc. Per Kruitwagen è colpa dell’«invasione» dall’Africa – e di Soros, che lo contrasta in Polonia – dell’abbassamento dei salari, della disoccupazione giovanile, della fuga dei cervelli. Su queste basi ha fondato anche un partito transnazionale : Newropeans. Prende le distanze dal raggrupamento LePen-Salvini, solo perché non è anti-euro. Non certo una informazione neutrale.
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