Alitalia, Lufthansa si sfila e sfuma il piano B
«Il governo non è disponibile a partecipare direttamente o indirettamente a un eventuale aumento di capitale di Alitalia». Alla Camera, rispondendo a Stefano Fassina, Sinistra italiana, che suggeriva l’intervento della Cdp, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è ancora una volta tassativo. Anche perché la Cassa depositi e prestiti era già stata discretamente sondata prima di varare l’accordo bocciato dai lavoratori e aveva già risposto picche.
Il salvataggio statale non ci sarà, e del resto non lo chiede neppure Matteo Renzi: «Non bisogna buttar via soldi pubblici, ma penso ci sia un modo diverso». Quale? Renzi Si è impegnato a farlo sapere entro 15 giorni dalle primarie del Pd, dunque per il 15 maggio. E’ probabile che abbia preso tempo alla ricerca di una soluzione al momento inesistente. Lo spettro della liquidazione resta. «Fa parte degli scenari possibili, ma lavoriamo e lavoreremo per evitarla», ammette il ministro dei Trasporti Graziano Delrio.
Su quali carte scommetta il governo rimane però ignoto, come ignota è la strategia alternativa a cui alludono i vertici del Pd senza entrare nei particolari. Di certo c’è solo che Padoan si impegna a nominare il commissario «con la massima tempestività» non appena «l’impresa delibererà di chiedere l’amministrazione straordinaria». Tempi brevi per il commissario: poi si vola al buio, senza radar.
Laconico, il direttore finanziario di Lufthansa Ulrik Svenson ha negato l’auspicato interesse nell’acquisto della società italiana: «Abbiamo una chiara intenzione di non acquistare Alitalia». Anche le Fs, le Ferrovie dello Stato, che erano state indicate come possibile soggetto in campo, si smarcano, pur senza ipotecare il futuro: «In questo momento l’argomento non è di interesse e la società non è stata contattata da nessuno». Né lo sarà, stando a quel che afferma Delrio: «Ferrovie investe 6 miliardi nel nostro Paese. Non dobbiamo distoglierla e trascinarla in un settore che non è il suo». Chiude l’elenco delle porte chiuse la low cost norvegese Norwegian Airlines: «Non siamo interessati a nessun asset Alitalia».
Il Nein di Lufthansa in realtà non va preso alla lettera. E’ la mossa di apertura in una trattativa in cui i tedeschi partono con in mano tutti gli assi. Mirano a comprare Alitalia solo dopo lo spezzettamento e la messa alla porta del grosso della forza lavoro: pare addirittura 9mila lavoratori su 12mila. E’ probabile che l’irritazione di Renzi derivi in buona misura proprio dall’essersi il governo consegnato con le mani legate ai possibili acquirenti, confessando in partenza di non avere alternative. Non è precisamente il modo migliore per aprire una trattativa.
Il miraggio di Renzi è trovare una nuova Etihad: qualche socio disposto a comprare la società senza spezzettarla e senza troppi licenziamenti: impresa difficile e forse impossibile se si parte mendicando acquirenti, dalla posizione di massima debolezza. Che l’ex premier immagini davvero un intervento statale è invece improbabile: in questo momento sarebbe una soluzione ancora più impopolare della chiusura. E’ il motivo per cui il governo ha escluso l’ipotesi.
Così è spuntata l’ipotesi di un nuovo piano di salvataggio, quasi uguale a quello bocciato nel referendum ma lievemente meno penalizzante per i lavoratori, con l’obiettivo di riaprire la strada alla ricerca di nuovi soci o in alternativa di vendere la società senza frammentarla. Ci starebbe lavorando Intesa San Paolo, affidando la mediazione a Gaetano Micciché. L’amministratore delegato Carlo Messina però smentisce: «Nessun piano B. Siamo una banca non una compagnia aerea».
L’unica certezza, al momento, è in realtà che per Alitalia non esiste nessun piano.
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