Volo Alitalia: bocciato l’accordo, compagnia sul baratro

Volo Alitalia: bocciato l’accordo, compagnia sul baratro

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«Assistiamo al suicidio di un’intera categoria», dice sconsolato un sindacalista che ha messo la faccia sull’accordo bocciato da quasi il 70% degli oltre11mila dipendenti Alitalia chiamati al voto.

Il “no” vince nettamente e porta l’azienda sul baratro del secondo fallimento in 9 anni. L’esito temuto da governo e sindacati ha fatto breccia tra i dipendenti della ex compagnia di bandiera che da ora rischia il commissariamento e la liquidazione, a 70 anni dalla sua nascita. C’è «rammarico e sconcerto » per un esito «che mette a rischio il piano di ricapitalizzazione della compagnia» hanno dichiarato nella notte con un comunicato congiunto i ministri Carlo Calenda, Graziano Delrio e Giuliano Poletti.
Il cda del vettore si riunirà oggi stesso per definire le proprie valutazioni sulla consultazione. A nulla sono serviti gli appelli alla ragionevolezza lanciati da Palazzo Chigi e dal sindacato compatto a eccezione dell’Usb. Ora non c’è più spazio per trattare o per fare passi indietro. Gli azionisti di Alitalia lo avevano detto chiaramente: il via libera alla ricapitalizzazione e al rilancio sarebbe arrivato solo con un sì al referendum da parte dei lavoratori. Che evidentemente non hanno accettato di buon grado il piano lacrime e sangue proposto. Stavolta non è come nel 2006 quando Romano Prodi lanciò l’allarme conti su Alitalia e avviò la caccia al partner industriale. Non ci sono salvatori né capitani coraggiosi, come nel 2008 quando la compagnia di bandiera finì nella mani di Roberto Colaninno. Dal 2009 al 2013 Alitalia Cai non è riuscita a decollare. E nemmeno Etihad c’è riuscita a centrare il pareggio di bilancio che aveva giurato di mettere a segno nel 2017. Anzi, le perdite oggi sono pericolosamente vicine ai 600 milioni.
Ora il governo pensa al commissario e qualcuno giura che il nome di Enrico Laghi sia già scritto al primo posto sull’agenda. Un percorso segnato che porta dritti alla scomparsa e allo spezzatino della compagnia e non, come forse sperava qualcuno tra i dipendenti pronti a combattere in trincea, ad un piano B che nessuno ha voglia di mettere in scena. L’unico piano possibile sembrerebbe un via libera a compagnie straniere pronte e disposte a farsi carico delle rotte da e per l’Italia che (con fatica) Alitalia ancora copre. Ma non c’è da essere allegri visto che da oggi negli scali su cui opera il vettore potrebbero andare in scena proteste e manifestazioni. Qualcuno però affaccia una soluzione diversa. Vista la delicatezza del momento e del settore che oltre ai dipendenti di Alitalia conta su un indotto che da lavoro ad almeno altre 8mila famiglie, si ipotizza un tentativo in extremis a Palazzo Chigi, con azionisti e sindacati pronti a limare per l’ultima volta il documento che ha fatto imbestialire i dipendenti. Un filo esile che potrebbe anche rompersi nelle prossime ore di fronte alla fermezza dei lavoratori.

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