by Anna Maria Merlo, il manifesto | 12 Aprile 2017 11:11
PARIGI. L’incendio che nella notte tra lunedì e martedì ha devastato il campo di Grande-Synthe, non lontano da Calais, costruito nel dicembre 2015 da Médecins sans frontières, l’unico in Francia a rispettare le norme internazionali per l’accoglienza dei migranti, ha riportato in primo piano una questione che i principali candidati alle presidenziali hanno cercato di evitare, per non dare spazio ai discorsi xenofobi di Marine Le Pen. L’incendio ha fatto seguito a una rissa, scoppiata tra migranti di diversa origine: qui, era considerato il «campo dei curdi», ma dopo la distruzione di Calais, gli afghani sono arrivati numerosi e la convivenza ha fatto crescere le tensioni.
Ieri, i ministri degli Interni e della Casa, Matthias Fekl e Emmanuelle Cosse, si sono recati sul posto e il sindaco di Grande-Synthe, Damien Carême, pensa di ricostruire le strutture, per poter continuare a offrire un riparo ai 1.400 rifugiati che vi vivevano.
Mancano solo dieci giorni al primo turno del 23 aprile e l’incertezza continua a dominare su chi passerà al ballottaggio. L’ultimo sondaggio (Sofres) conferma una forte astensione, solo il 66% sarebbe deciso a votare. La battaglia si concentra sulle personalità più che sui programmi. Ormai, i candidati che si contendono la presenza al secondo turno sono 4, valutati dai sondaggi tra il 24% e il 18%, nell’ordine: Marine Le Pen, Emmanuel Macron, Jean-Luc Mélenchon e François Fillon. Ma le dinamiche sono diverse: i primi due sono in calo o stagnano (entrambi al 24%), Fillon sembra aver consolidato lo zoccolo duro ma non va al di là (18%), mentre Mélenchon è in ascesa (più 4,5 punti in pochi giorni, al 18,5%). Nella battaglia a sinistra, il socialista Benoît Hamon è ormai distanziato, gli ultimi sondaggi lo danno ormai sotto il 10%. Lui stesso nel fine settimana ha mostrato di non credere più alle proprie possibilità di successo, affermando pubblicamente che voterà Mélenchon al ballottaggio. Ma ieri, criticato dai suoi, Hamon ha ripreso un po’ di entusiasmo e ha inviato una lettera ai cittadini, invitandoli a votare «per» e non solo «contro». Resta comunque una certa pressione a favore di un ritiro, per dare la possibilità a Mélenchon di incarnare la sinistra, con maggiori possibilità di passare al ballottaggio. Hamon, nella lettera, ha sottolineato la principale differenza con Mélenchon, che riguarda l’Europa. Il «piano B» del candidato della France insoumise, se fallisce un’intesa con gli altri paesi Ue sulla riforma dei trattati per abbandonare l’austerità, propone l’uscita dall’euro. Yannick Jadot, dei Verdi, che sostiene Hamon, sottolinea l’ambiguità di Mélenchon su Putin e avanza dei dubbi sull’impegno ecologista al di fuori della Ue.
I giornali più legati al mondo degli affari insistono su un «vento di panico» che starebbe scuotendo i mercati, esagerando un piccolo aumento dello spread con la Germania (tassi di interesse a 10 anni) in vista dell’ipotesi di un duello Le Pen-Mélenchon. Il candidato della France Insoumise attira le critiche della sinistra più radicale – Lutte ouvrière e Npa, presenti al primo turno con Nathalie Artaud e Philippe Poutou – sulla questione dell’internazionalismo. Olivier Besancenot, che è stato portavoce dell’Npa e candidato, ha accusato Mélenchon di «voltare la spalle» all’internazionalismo, per il quale hanno lottato i movimenti operai. Besancenot fa riferimento alla più che infelice frase sui «lavoratori distaccati», che verrebbero «a rubare il pane» dei francesi. A Marsiglia, di fronte a 70mila persone, dopo aver fatto rispettare un minuto di silenzio per i migranti morti nel Mediterraneo, Mélenchon ha affermato che «l’emigrazione è sempre un esilio forzato, una sofferenza», che deve essere evitata, mettendo «fine alle guerre che devastano il sud».
Il contrasto apertura/chiusura si manifesta nella diversa sensibilità dell’elettorato: quello di Hamon si dichiara al 63% ottimista, una percentuale che si avvicina di più a quella dei potenziali elettori di Macron (fiduciosi nel futuro a più del 70%), mentre quelli di Mélenchon sono più del 50% pessimisti (come quelli di Fillon, mentre la visione nera del futuro è opprimente tra i sostenitori del Fronte nazionale).
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