Alla chiamata alle armi di Trump Hillary risponde, Sanders diserta

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NEW YORK. Il raid americano in Siria è l’argomento della riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, indetta su richiesta della Russia, per discutere del raid partito dai cacciatorpedinieri americani Uss Porter e Uss Ross di stanza nel Mediterraneo da dove sono stati lanciati 59 missili Tomahawk contro la base aerea siriana di Shayrat da cui, si presume, sia partito l’attacco di martedì scorso con armi chimiche nella provincia di Idlib, dove sono morte almeno 84 persone tra cui circa 30 bambini.

I quindici paesi del Consiglio di Sicurezza si erano già riuniti giovedì, inutilmente, per trovare un accordo sulla risoluzione contro l’utilizzo delle armi chimiche in Siria.

Durante la notte Trump, dopo l’inizio del raid, ha fatto un discorso in cui ha spiegato che «utilizzando un agente nervino letale, Assad ha soffocato la vita di uomini, donne e bambini inermi. È stata una morte lenta e brutale per tanti. Anche bellissimi bambini sono stati crudelmente assassinati in questo attacco barbaro. Nessun figlio di dio dovrebbe mai subire tale orrore. (… ) È di vitale interesse per la sicurezza nazionale Usa prevenire e scoraggiare la diffusione e l’uso di armi chimiche letali. Anni di tentativi per cambiare il comportamento di Assad sono falliti… Come conseguenza, la crisi dei profughi imperversa e la regione continua a destabilizzarsi, minacciando gli Stati Uniti e i loro alleati».

I missili americani sono stati lanciati sulla Siria senza passare per il via libera del Congresso, come fanno notare sia a destra che a sinistra di Trump, e senza un mandato dell’Onu passando velocemente dalle parole ai fatti; solo il giorno prima Trump aveva dichiarato che l’attacco con armi chimiche sferrato in Siria oltrepassava la linea.

Per agire Trump ha fatto ricorso ai poteri concessi al presidente dalle leggi varate da Bush jr dopo l’11 settembre, quegli stessi poteri che Obama non aveva usato proprio quando si era dovuto confrontare con la situazione siriana.

«Chiedo al mondo civile di unirsi a noi» ha chiesto Trump nel suo disorso e la richiesta è stata accolta dall’ex rivale Hillary Clinton, che proprio poche ore prima del raid aveva dichiarato in un’intervista televisiva la necessità di un intervento militare in Siria. Tra le file democratiche, invece, Bernie Sanders si è detto contrario al’intervento, mentre per Nancy Pelosi il mancato passaggioal Congresso è il tema principale della discussione.

Questo raid ha compattato i movimenti contro la guerra della base di destra e di sinistra, facendo infuriare proprio l’elettorato di Trump, furibondo col loro leader che aveva detto di porre l’America davanti al resto del mondo e che non è stato eletto per mettere a posto la situazione nella lontana Siria, ma in casa.

Il Pentagono ha precisato che quella della scorsa notte va vista come un’azione isolata, con il fine di mandare un messaggio ad Assad e che questo attacco è un attacco mirato per porre un freno al proliferare delle armi chimiche; «Questo raid ha gravemente danneggiato o distrutto aerei siriani, le infrastrutture e le attrezzature della base di Shayrat – ha detto il portavoce del Pentagono Jeff Davis – riducendo la capacità del governo siriano di usare armi chimiche».

Secondo la tv panaraba al Mayadin, con posizioni vicine all’Iran, gran parte degli aerei militari siriani presenti nella base di Shayrat erano stati trasferiti prima dell’attacco; un dato di fatto è che il sistema Sam di contraerea missilistica, di recente aggiornato dai russi, non è entrato in funzione.

Di certo questo raid ha degli effetti sui rapporti russo-americani, al momento il Segretario di Stato Tillerson ha definito i russi o incompetenti o colpevoli, visti gli esiti disastrosi dei loro sforzi nella zona, ma le relazioni tra le due super potenze saranno più chiare dopo la visita di Tillerson a Mosca, prevista e confermata per la prossima settimana.

L’attacco di Trump è stato ordinato sicuramente su pressione militare per dare un avvertimento, non per innescare un’escalation, prova è l’aver avvisato la Russia del raid; gli Stati Uniti devono ora mostrare al mondo la loro presenza anche muscolare in Siria e farlo secondo la visione del generale McMaster, che sostituisce Bannon alla sicurezza nazionale, operando un’alternanza tra raid dimostrativi e operazioni di intelligence, teoria che sembra essere quella adottata da Trump.

Al momento la politica sulla sicurezza degli Stati Uniti pare dettata dai militari, e proprio durante la visita del primo ministro cinese, mettendo in atto una visione rivista e corretta della politica del doppio contenimento dell’amministrazione Clinton nei primi anni Novanta, contrastando quella che, volta per volta, costituisce, o sembra costituire una minaccia imminente per gli interessi americani.

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