In Francia terremoto sindacale: la Cfdt supera la Cgt
Francia/presidenziali. Ma i sindacati condividono la preoccupazione per il voto: sii prepara un primo maggio di manifestazioni, se ci sarà un rischio Fronte nazionale. L’astensione potrebbe superare il 30%. Mélenchon corre, mentre Hamon deve fare i conti con le defezioni a favore di Macron
PARIGI. Movimenti tellurici nella società francese, che scuotono i vecchi assestamenti: l’ultima scossa riguarda la rappresentanza sindacale. La Cfdt, sindacato riformista che aveva contribuito alla redazione della tanto contestata Loi Travail, è ormai la principale organizzazione in Francia (nel settore privato). Dopo 122 anni, ha superato la Cgt (30,2% contro 28,5%) nel voto dei lavoratori. Il «campo riformista» (Cfdt, Cftc, Unsa) pesa ormai il 42%, contro i contestatori (Cgt, Fo, Solidaires) al 40,5%. Un fatto «storico» per il segretario della Cfdt, Laurent Berger. Philippe Martinez, segretario Cgt, ha ammesso il sorpasso, anche se si consola con il settore pubblico, dove la sua organizzazione resta al primo posto, pur temendo anche qui un arretramento. A poco più di tre settimane dal primo turno delle presidenziali il panorama sindacale si ricompone. Con la Loi Travail un accordo potrà entrare in vigore se ha ottenuto almeno il 30% dei voti, quindi l’area riformista avrà maggior potere.
I sindacati restano uniti nel guardare con preoccupazione alla campagna elettorale. Non ci saranno indicazioni di voto, né da parte della Cfdt né della Cgt. Ma è in discussione l’ipotesi di una risposta unitaria per il 1° maggio, in caso di rischio di una vittoria del Fronte nazionale al ballottaggio del 7 maggio. «In caso di pericolo per la democrazia – afferma Berger – bisogna che i sindacati si ritrovino su ciò che fonda il sindacalismo, cioè la solidarietà, il vivere assieme, il progresso sociale, il mondo del lavoro dovrà manifestare assieme il 1° maggio queste preoccupazioni».
Berger teme «un record di astensioni» alle presidenziali. Secondo un’inchiesta del Cevipof, il rischio è di un’astensione al di là del 30% (finora il record è stato il 28% del 2002, quando Jean-Marie Le Pen è arrivato al ballottaggio). La norma per le presidenziali era un’astensione intorno al 20%. «Una forte astensione potrebbe avvantaggiare Marine Le Pen – sostiene Brice Teinturier, direttore dell’istituto di sondaggi Ipsos – penalizzando di più gli altri candidati». Teinturier ha appena pubblicato un libro sui «praffisti», un neologismo per definire l’atteggiamento praf, «plus rien à faire», più niente da fare (o più volgarmente, plus rien à foutre, più niente da fottere), cioè l’indifferenza verso la politica, se non addirittura il disgusto. Anche se Jean-Luc Mélenchon sembra riuscire ad attirare una parte degli scontenti e degli astensionisti: il candidato della France Insoumise è ormai il quarto uomo e tallona Fillon, che malgrado tutto resiste al terzo posto. Il problema è che con due candidati in concorrenza, la sinistra avrà molte difficoltà ad arrivare al ballottaggio, dove, se si votasse oggi, si scontrerebbero Marine Le Pen e Emmanuel Macron.
Il Partito socialista in piena implosione (con tradimenti incrociati, la corsa verso Macron, l’isolamento di Hamon) e gli scandali di Fillon scoraggiano gli elettori (mentre l’elettorato di estrema destra pare impermeabile alle truffe al Parlamento europeo di cui sono accusati il Fronte nazionale e Marine Le Pen).
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