Uccisa davanti al figlio. Così muore Miros in Messico una reporter
Quartiere di Las Granjas, Chihuahua, Messico. Miroslava Breach è a bordo della sua auto, con lei il figlio appena uscito da scuola. A un incrocio si avvicina una seconda vettura, scende un uomo, giubbotto verde scuro, un cappellino blu, una borsa. Compie pochi passi e apre il fuoco: otto colpi di calibro 9.
Miroslava è morta, giovedì scorso. Ma era da sei mesi che era seriamente in pericolo, da quando sono arrivate minacce sempre più dure: «Ti abbiamo ucciso», le dicevano annunciandole che la sentenza era stata emessa da quel tribunale invisibile composto da cartelli, politici corrotti e malaffare. L’impasto nero che non tollera il lavoro di persone come Miroslava, giornalista di 54 anni senza paura e tanta voglia di pulizia. Adesso molti piangono la reporter del quotidiano La Jornada , ci sono state manifestazioni di protesta e in ricordo di «Miros», interventi dall’estero. Sdegno sincero bagnato da lacrime di coccodrillo. Le autorità esprimono vergogna. Peccato che non si siano preoccupate quando i banditi hanno iniziato la loro campagna per fermare la Breach. Un’ipotesi — sulla quale ci sono dei dubbi — è che l’agguato sia stato ordinato da Carlos Arturo Quintana, detto «El 80», un criminale che è anche sulla lista dei ricercati dagli Usa, responsabile de La Linea, braccio armato del cartello di Juarez. Il sospetto è nato da una «cartulina» ritrovata dalla polizia, di fatto una rivendicazione firmata dal boss. È proprio così? Magari è un osso buttato in pasto all’opinione pubblica e a chi indaga.
I colleghi della vittima — molto stimata ed amata — invitano a guardare anche altrove. Miroslava, in questo ultimo periodo, aveva lavorato con determinazione su diversi filoni: riciclaggio, pozzi d’acqua illegali, infiltrazioni delle gang nei municipi, patti tra partiti e organizzazioni di trafficanti. Pane quotidiano per chi ha forza e contatti buoni non solo per cercare notizie, ma anche per pubblicarle. Se arrivi a «metterle in pagina» sai bene cosa rischi, così come sai che sarai sempre più solo.
Il sacrificio della cronista — in realtà un’inviata di guerra perché la crisi in Messico è tale — ricorda quello di molti suoi colleghi. Ne hanno ammazzati oltre 120 dal 2000 e il 99,75 per cento di questi delitti è rimasto irrisolto. Sempre a marzo i sicari hanno fatto fuori Cecilio Birto, stato di Guerrero, e Ricardo Cabrera, nell’inferno di Veracruz. Entrambi erano da tempo nella linea di tiro, scampati a imboscate, violenze, avvertimenti.
Rituale di un Paese dove si registra una media di 7 scomparsi al giorno, spesso poi sotterrati nelle fosse comuni scavate dai gangster o sciolti nell’acido. Non pochi invece vengono lasciati nei sacchi dell’immondizia e nelle ghiacciaie, dopo essere stati fatti a pezzi. Lo smantellamento — parziale — dei network criminosi ha portato al «tutti contro tutti», a giri di alleanza mutevoli, a nuove contaminazioni. Persino la fazione di El Chapo, oggi in carcere, è smembrata dalla faida. Si disegnano scenari, con accordi sottobanco, riposizionamenti, favori del potere per aiutare un gruppo contro i rivali. Quanti provano a scrutare nel fondo di questo pozzo — come ha fatto Miroslava Breach — osano molto. E c’è chi non glielo perdona.
Related Articles
Il ricco bottino degli islamisti
TUNISIA Elezioni storiche e affluenza record (90%). Il partito En-nahda potrebbe arrivare al 40%
L’evaporazione della democrazia
Per essere un veterano della critica all’Europa dei Trattati e dei mercati spero che l’intervento di Habermas, Bofinger e Nida-Ruemelin (la Repubblica del 4 agosto) così come la presa di posizione di Balibar (su questo giornale del 20 settembre) assieme alla crisi di rigetto che si estende nella varie nazioni del Continente ridestino la coscienza europea dal sonno delle ragioni della democrazia.
Siria, ancora sangue ad Hama
Diciotto vittime e rastrellamenti in corso nella città simbolo dell’insurrezione Omar Khalife e Ahmad Bitar.
Assenti. I due bambini, entrambi di tredici anni, non faranno più ritorno nella scuola di Hama dove avrebbero dovuto frequentare la terza media. Gli agenti di sicurezza siriana, li hanno ammazzati, anche loro scambiati probabilmente per due “traditori sionisti”, bisognava allora ucciderli per il bene della nazione siriana ovvero la nazione di Assad.