Grecia e Polonia cedono, l’Europa trova un’unione di facciata
Le celebrazioni in Campidoglio per i 60 anni dei Trattati di Roma non saranno macchiate dall’assenza della firma di alcuni paesi in calce alla Dichiarazione finale che oggi dovrebbe rilanciare l’Unione europea post- Brexit. Al termine di una lunga trattativa ieri sera anche Grecia e Polonia, i due Paesi che con diverse motivazioni hanno minacciato fino all’ultimo di far mancare l’unanimità sul testo, hanno fatto marcia indietro e sia il premier greco Alexis Tsipras che la collega polacca Beata Szydlo si sono allineati agli altri leader europei.
Almeno sulla carta, quindi, l’unità c’è, anche se bisogna vedere adesso quanto durerà. Dietro alla scontata retorica delle celebrazioni, nessuno si illude infatti che quella che si festeggia oggi sia davvero un’Unione europea più forte. Non a caso in mattinata il premier maltese Joseph Muscat, a cui spetta la presidenza di turno della Ue, aveva ammonito i partner europei. «Dobbiamo fare delle scelte, decidere quale direzione prendere. Se restiamo dove siamo non ci saranno certezze per il futuro ma una morte lenta e dolorosa». Un invito rivolto a tutti e 27 gli Stati membri, ma in particolare ai due più ostili a farsi coinvolgere nel clima generale delle celebrazioni. Varsavia, soprattutto, contraria – così come gli altri Paesi del gruppo Visegrad – alla proposta di un’Europa a due velocità avanzata da Germania, Francia e Italia con il sostegno di Madrid, proposta che per la Szydlo rischia di confinare i paesi dell’Est in una sorte di Europa di serie B. Sul piatto della trattativa la prima ministro polacca ha messo però anche il capitolo relativo alla Difesa. La Polonia chiedeva che la Nato resti il cardine della difesa europea e che qualunque progetto alternativo sia complementare e non sostitutivo all’Alleanza. Non proprio un particolare di poco conto visto Bruxelles, sempre su spinta di Francia, Germania e Italia, sta procedendo verso la realizzazione di un proprio sistema di difesa che – pur mantenendo saldi i rapporti con la Nato – punta a rendere l’Unione europea più autonoma.
Nel testo della Dichiarazione finale sono state inserite le rassicurazioni chieste da Varsavia, annacquando molto – seppure senza eliminarla – l’idea delle due velocità in modo da permettere almeno un’unità di facciata buona per la giornata di oggi. Il concetto di Europa a più velocità» è stato così ridotto a un più semplice richiamo alle «cooperazioni rafforzate» già presente nel Trattato Ue. La formulazione finale suona quindi così: «Agiremo insieme, muovendoci nella stessa direzione, con un ritmo e un’intensità diversi quando sarà necessario, come abbiamo fatto in passato, in linea con i Trattati Ue e lasciando la porta aperta per quelli che vorranno aggiungersi più tardi. la nostra Unione è indivisa e indivisibile». «Un compromesso accettabile, un buon punto di partenza», è stato il commento della Szydlo.
Rassicurazioni anche per Tsipras. In una lettera agli altri leader il premier greco aveva chiesto garanzie da parte dell’Ue per la difesa di diritti sociali in un momento in cui è ancora alle prese con i programmi di austerità chiesti dai creditori. Rassicurazioni che gli sono giunte sia dal premier italiano Paolo Gentiloni che dal presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker. Quest’ultimo ha ricordato a Tsipras come già in passato si sia espresso a «sostegno di un giusto ed efficace sistema di contrattazione collettiva» in Grecia e di come gli accordi con i creditori dovranno concludersi «nel rispetto dell’’acquis’ (i diritti e gli obblighi, ndr) europeo sui diritti sociali di cui noi siamo i guardiani».
Sventato, invece, il tentativo del gruppo Visegrad di forzare la mano su un altro tema caldi come l’immigrazione, Polonia, Repubblica ceca, Ungheria e Slovacchia hanno provato a fare inserire nella Dichiarazione finale una frase che indicasse come obiettivo dell’Ue quello di «arginare il flusso dei migranti». Germania e Italia si sono opposte, riuscendo infine a definire come obiettivo dell’Ue «una politica migratoria efficace, responsabile e sostenibile, che rispetti le norme internazionali» seppure ribadendo l’impegno a rendere le«frontiere esterne più sicure».
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