Lo stadio della Roma a Tor di Valle e la posta in gioco

Lo stadio della Roma a Tor di Valle e la posta in gioco

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ROMA. Nella più completa opacità e mancanza di trasparenza vanno avanti i tentativi del costruttore romano Luca Parnasi e del finanziere americano James Pallotta di portare a casa il bottino della speculazione a Tor di Valle con l’acquiescenza e la complicità delle Giunte Raggi e Zingaretti.

Nessuno ha visto il nuovo progetto, eppure tutti assicurano che «si farà» e che si farà presto, perché lo si farà passare «in qualche modo» attraverso la Conferenza dei Servizi convocata per deliberare, però, su un progetto diverso, cioè quello oggetto della famigerata delibera del «pubblico interesse» votata il 22 dicembre 2014, e che nei fatti ha terminato i lavori il 3 marzo. Anzi, questa volta la CdS non avrà di fronte nemmeno un vero progetto, ma un ennesimo «rendering» fumettistico del tipo di quelli cui ci hanno abituato in questi tre anni il duo Pallotta-Parnasi, come quello che i giornali si ostinano a usare, con le decine di ettari destinate ai parcheggi penosamente camuffati in forma di parco: una distesa di asfalto con le file di alberelli.

Si stravolgono in questo modo procedure e si ignorano norme elementari, che richiederebbero di ripensare interamente proprio la questione del riconoscimento del «pubblico interesse» basato a suo tempo su una serie di opere pubbliche che non ci sono più. Tutto questo è grave, ma il Comitato Difendiamo Tor di Valle dal Cemento vuole una volta di più richiamare l’attenzione su cosa veramente è in gioco a Tor di Valle.

In gioco è l’idea stessa della città: se si accetta che l’ennesimo costruttore, l’ennesimo finanziere, l’ennesima grande banca possano stravolgere il Piano Regolatore Generale per i propri interessi che nulla hanno a che fare con gli interessi dei cittadini, se si accetta, ancora una volta, che il ceto politico faccia da zerbino ai grandi potentati, ebbene, si farebbe calare definitivamente il sipario sull’ultima possibilità che Roma ha di riscattarsi e di rinascere dopo decenni di sciagurata urbanistica contrattata.

Lo scambio opere per cubature è stato il segno del massacro urbanistico di questa città, lo strumento con cui palazzinari-bucanieri di fronte ad amministrazioni pavide e succubi se non complici, hanno portato avanti il vecchio giochetto del comprare terreni a destinazione agricola per quattro soldi e poi ottenere una variante urbanistica e fare profitti milionari. Così sono sorti quartieri e interi quadranti di città che hanno fatto dilagare lo sprawl urbano, da Malafede a Tor Pagnotta a Romanina a Bufalotta a Ponte di Nona a Porta di Roma.

Bisogna essere consapevoli che la realizzazione del Business Park creerebbe un precedente devastante, aprirebbe la strada a un nuovo sacco della città, oggi a Tor di Valle, domani a Tor di Quinto, dopodomani dovunque un nuovo palazzinaro possa ripetere il giochetto.

Lo stadio a Tor di Valle si può fare nel rispetto del Prg, entro le cubature previste, il resto deve diventare parco fluviale attrezzato. Questo è il mandato che l’amministrazione Raggi ha ricevuto dai cittadini, non chiudersi nelle stanze del palazzo con certi figuri e trovare un accordo su qualche metro cubo in meno.

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