L’Olanda va a destra, fuori Verdi e Laburisti
«Non c’è stata nessuna rivolta populista, solo una paio di colpi di martello», dice Mark Rutte. Il giorno dopo la vittoria che conferma il suo Vvd come primo partito dell’Olanda, il premier liberale può anche prendersi la libertà di scherzare. La paura di vedere il leader dell’estrema destra Geert Wilders dilagare nelle preferenze degli elettori è sfumata mercoledì sera poco dopo la chiusura dei seggi, quando i primi exit poll hanno cominciato a delineare uno scenario diverso da quello temuto da tutta Europa. E invece «l’Olanda rimane essenzialmente quello che è stata per decenni: un paese dalle molte sfaccettature ma in gran parte moderato», è il commento che ieri dominava un po’ su tutti i giornali.
La domanda adesso è quando e come si riuscirà a dar vita a un esecutivo. In questo gli olandesi non sembrano infatti molto diversi da altri paesi europei dove la ricerca di una maggioranza e la successiva spartizione delle poltrone tra i partiti che la compongono può durare a lungo. Nel 2010 sempre a Rutte servirono 127 giorni prima di riuscire a formare l’esecutivo e presentarsi al sovrano per giurare. «Ci vorrà un po’ di tempo», ha ammesso ieri il premier parlando alla radio di stato. «La formazione della coalizione sarà complessa e i partiti parleranno tra di loro per alcune settimane».
Il compito di esplorare tutti gli scenari possibili è stato affidato ieri dalla presidente del parlamento Khadiya Arib alla ministra della Sanità Edith Schippers, indicata dai partiti al termine di una riunione in cui le è stato anche garantito il massimo sostegno da parte di tutti. Adesso la Schippers ha una settimana di tempo per le consultazioni prima di presentarsi il 23 marzo in parlamento con i risultati del lavoro svolto. Nel frattempo si ipotizzano tutte le alchimie politiche possibili. Al nuovo governo serviranno i voti di almeno 76 dei 150 deputati presenti in parlamento, ma come arrivare a questa soglia è tutto da vedere. «Nei calcoli sono bravo, ma queste sono somme difficili», commenta Alexander Pechtold, leader di D66. I liberali di sinistra, tra i vincitori di queste elezioni, sono indicati da più parti come possibili componenti della futura coalizione. I loro 19 seggi andrebbero a sommarsi ai 33 dei liberali di Rutte, ai quali potrebbero aggiungersi anche i 19 conquistati dai democristiani della Cda.
Lo stesso Rutte in campagna elettorale ha indicato proprio queste due formazioni come possibili futuri partner di governo. Insufficienti, però, ad avere la maggioranza visto la somma dei seggi si ferma a 71. Per Paul Pennings, professore di Scienza politiche della Libera università di Amsterdam, a questo punto «la cosa più probabile è che Rutte chieda l’appoggio cristiana della Cu» che dispone dei cinque seggi necessari. Ne uscirebbe una maggioranza che potrebbe essere rafforzata con i tre seggi dei calvinisti della Sgp. Il risultato sarebbe un governo che vira decisamente a destra rispetto a quello appena uscito, nel quale Rutte governava in coalizione con il partito Laburista che ha già detto di volersi collocare all’opposizione.
Proprio i laburisti del resto, sono i veri sconfitti di queste elezioni. Più che un tracollo, la loro è stata una vera disfatta segnata dalla perdita di ben 29 dei 38 seggi conquistati alle politiche del 2012. «E’ stato un tonfo inatteso – ha commentato il leader del PvdA Lodewijk Asscher – Siamo tutti storditi dallo schiaffo in faccia». In realtà tutti i sondaggi annunciavano da tempo quanto è accaduto mercoledì, e adesso tra i laburisti olandesi comincia la resa dei conti. Sabato è prevista una riunione in cui il presidente del partito, Hans Spekman – che ha già detto di no avere nessuna intenzione di dimettersi – dovrà affrontare un voto di sfiducia nei suoi confronti, mentre tra le vittime illustri del voto che non entreranno in parlamento, ci sono il ministro per la Cooperazione Liliane Plaumen e il deputato di Amsterdam Ahmed Marcouch.
Salvo sorprese, infine, dovrebbero restare fuori dal governo anche i GroenLinks di Jesse Klaver. I Verdi olandesi hanno quasi quadruplicato i loro seggi passando da 4 a 14 ma difficilmente accetteranno di entrare in una coalizione che, per come potrebbero mettersi le cose, sarebbe troppo di destra per loro.
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