by Guido Caldiron, il manifesto | 15 Marzo 2017 8:45
Per tutta la campagna elettorale si sono scontrati a distanza, affidandosi il primo ai grandi mezzi di comunicazione e giocando il secondo soprattutto sulla sua popolarità sui social network. Eppure, di fronte a una platea di indecisi, che a poche ore dal voto sfiorava ancora il 60%, il premier liberale Mark Rutte e il leader dell’estrema destra Geert Wilders hanno scelto di misurarsi in un faccia a faccia televisivo lunedì sera. In un paese dove sono in lizza 28 partiti e dove anche la crescita della sinistra alternativa rosso-verde potrebbe rappresentare una importante novità, è il duello tra un liberal-conservatore e uno xenofobo dichiarato a monopolizzare il dibattito.
I sondaggi hanno dato i loro partiti in testa per tutta la campagna elettorale: il liberale Vvd con 27 seggi, su un totale di 150 nel parlamento dell’Aja, e il populista Pvv con 24. Ieri l’indagine pubblicata dall’istituto I&O Research ha però aperto una nuova prospettiva accreditando Rutte a 27 seggi, ma mettendo al secondo posto i rosso-verdi di GroenLinks con il 13,1% (20 seggi), seguiti dai liberali di sinistra dei D66 con il 13% (20 seggi) e dai cristiano-democratici della Cda con il 12,1% (19 seggi). Wilders finirebbe solo in quinta posizione con appena il 10,2% e 16 deputati eletti alla Camera.
Nello studio televisivo allestito per l’occasione in un’aula dell’Erasmus University di Rotterdam, il premier olandese ha vestito gli abiti del moderato, definendo il voto di oggi in linguaggio calcistico «come i quarti di finale per impedire al populismo di vincere», dopo la Brexit e l’elezione di Trump e prima delle finali che si giocheranno nei prossimi mesi con le elezioni in Francia e Germania. È quindi da qui, ha ribadito Rutte, che bisogna cominciare «a fermare il cattivo populismo». Secca la replica di Wilders che ha risposto di voler giocare solo «una finale, quella contro il governo e i bugiardi» che vogliono dare i soldi degli olandesi a Bruxelles e all’Africa.
Se i No all’immigrazione, e soprattutto alla presenza musulmana, sono stati il leitmotiv di Wilders, oggi a catalizzare il dibattito è lo scontro tra L’Aja e Ankara.
Così, anche nel corso del duello tv i due leader si sono rinfacciati le posizioni assunte sull’argomento. Dopo aver proibito nei giorni scorsi ai ministri di Erdogan di tenere i loro meeting elettorali a Rotterdam, lo stesso Rutte si è detto ora favorevole a una «distensione», accusando l’avversario di voler «radicalizzare» lo scontro. Per Wilders si deve invece continuare nel braccio di ferro, fino al punto di «espellere l’ambasciatore e tutti i diplomatici turchi». Secondo l’istituto Peilingwijzer, entrambi i politici avrebbero per altro beneficiato del montare della tensione con la Turchia.
Al di là delle schermaglie retoriche, la fine della campagna elettorale ha così evidenziato una deriva verso destra già visibile da tempo nella politica olandese.
Lo stesso Rutte aveva scelto di rivolgersi ai suoi concittadini attraverso una lettera aperta pubblicata sui maggiori quotidiani nella quale, dopo aver spiegato di voler battere le idee discriminatorie dell’estrema destra, aveva finito per riprenderne in realtà molti temi. Spiegando di comprendere «il malessere crescente» delle «persone di buona volontà» di fronte agli stranieri che «rovinano i beni pubblici» e minacciano la libertà, Rutte aveva detto di capire le ragioni di quanti vorrebbero che gli immigrati se ne andassero dall’Olanda, per concludere con lo slogan «comportatevi in modo normale, o andatevene!».
Allo stesso modo, tra il 2010 e il 2012, l’attuale primo ministro aveva fatto al partito di Wilders, che garantiva l’appoggio esterno d un governo di minoranza di centrodestra, importanti concessioni in materia di riduzione dei flussi migratori. Ora, le cose si sono però spinte oltre.
«Il fatto che un partito di governo che dice di opporsi a Wilders finisca per adottarne almeno in parte i valori, rappresenta un autentico pericolo per i Paesi bassi e in particolare per le loro minoranze», sottolinea allarmato lo studioso Cas Mudde, che aggiunge, «Rutte sta facendo passare l’idea che ci siano dei veri olandesi (bianchi e non musulmani) e degli olandesi a metà (non-bianchi e di fede islamica)».
E anche Amnesty International, nel suo rapporto annuale presentato nei giorni scorsi a Parigi, ha citato esplicitamente il caso olandese, dove una «retorica tossica che stigmatizza alcuni gruppi umani», è presente sia «nelle parole di Geert Wilders che nella lettera scritta dal premier Mark Rutte».
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