Muore un operaio a Monfalcone, sciopero spontaneo nelle ditte in appalto a Fincantieri

Muore un operaio a Monfalcone, sciopero spontaneo nelle ditte in appalto a Fincantieri

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MONFALCONE. È precipitato da un’impalcatura. Sinisa Brankovic, 40 anni, bosniaco, «supervisore» di un’impresa esterna, ha perso la vita ieri mattina poco dopo le 9.30 nel cantiere navale di Ponzano.

Immediatamente si blocca il lavoro nell’intera area della Fincantieri: lo sciopero spontaneo, massiccio e rabbioso segna l’adesione anche degli operai che lavorano per le ditte in appalto. L’assemblea vede fianco a fianco le tute blu dell’azienda di Stato con i bengalesi, i balcanici e gli altri stranieri. Alla fine, la decisione di devolvere un’ora di lavoro alla famiglia Brankovic. Un minuto di silenzio, invece, a villa Manin di Passariano all’apertura della conferenza di organizzazione della Uil con il segretario generale Carmelo Barbagallo.

L’incidente mortale sul lavoro è al vaglio della magistratura, tuttavia le prime ricostruzioni permettono di sapere che Sinisa Brankovic era all’interno del cantiere edile per la costruzione dei nuovi capannoni indispensabili alla verniciatura delle grandi navi. Mentre si muoveva lungo un’impalcatura nel sottotetto della grande struttura in costruzione, la cintura di sicurezza si sarebbe sganciata: perso l’equilibrio, senza più il salvavita d’emergenza, l’uomo è volato nel vuoto da una ventina di metri ed è morto sul colpo.

Secondo la nota ufficiale di Fincantieri, Sinisa Brankovic era dipendente di un’impresa specializzata con un ruolo in sintonia con la sua ventennale esperienza. Giampiero Turus, segretario regionale della Fim-Cisl, evidenzia invece lo «sciopero spontaneo» e il « segnale fortissimo» di ieri mattina: «È la prima volta che gli operai delle ditte in appalto si fermano in maniera così partecipata».

I sindacati confederali dei metalmeccanici in un comunicato congiunto commentano così la morte di Sinisa Brankovic: «Il lavoro dovrebbe dare speranza e futuro, non causare morte e disperazione nelle famiglie delle vittime. Non è più tollerabile che si possa morire in questo modo, senza che siano assicurate le più elementari misure di protezione e prevenzione sul lavoro e il controllo sull’utilizzo delle stesse. È sempre più frequente il fatto che episodi come questi accadono nella catena degli appalti e sub-appalti, dove sono sempre più impiegati lavoratori stranieri spesso esclusi dal sistema di prevenzione e formazione sulla sicurezza». Le segreterie nazionali di Fim, Fiom e Uilm concludono: «La sicurezza sul lavoro non deve essere un costo ma un investimento costante per la tutela e valorizzazione dei lavoratori».

Ponzano torna così sotto i riflettori. È storicamente il luogo-simbolo di Monfalcone, fin dall’apertura del cantiere navale nel 1908 da parte dei fratelli Cosulich. E incarna anche la lunga parabola del movimento operaio, dalla «marcia verso il socialismo» nella Yugoslavia di Tito alla drammatica strage dell’amianto fino alla clamorosa sconfitta delle Comunali 2016 con la leghista Anna Cisint che espugna dopo 70 anni il «municipio rosso».

Il destino di Ponzano resta legato a filo doppio con Fincantieri, nel bene e nel male. Come ha dimostrato anche la vicenda giudiziaria sulla gestione dei rifiuti all’interno di quattro aree del mega-stabilimento. Nel giugno 2015 i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Udine avevano apposto i sigilli, mettendo sotto sequestro giudiziario i reparti sabbiatura, cernita dei rifiuti industriali e stoccaggio degli scarti di lavorazione. Per un mese circa 5 mila lavoratori (di cui solo 1600 dipendenti di Fincantieri) fuori dai cancelli.

Il decreto del governo Renzi recepito dal Tribunale di Gorizia aveva permesso la ripresa della produzione e delle attività affidate alle imprese esterne.

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