by OSME - Osservatorio Sociale Mitteleuropeo | 24 Febbraio 2017 17:24
Budapest: I partiti politici scaldano i motori per le elezioni legislative del 2018. Dai più recenti sondaggi risulta che il Fidesz del primo ministro Viktor Orbán è in ampio vantaggio rispetto alle altre forze politiche. L’opposizione di centro-sinistra non riesce a trovare un accordo sulla scelta dei candidati nelle circoscrizioni maggioritarie. Secondo i partiti Insieme, Dialogo per l’Ungheria (PM) e secondo i Verdi, bisogna ricorrere, entro l’anno, alle primarie per arrivare all’individuazione di un unico candidato che competa con Orbán. Non sono, però, di questo parere, il candidato premier dei socialisti (MSZP) e sindaco della città di Szeged, László Botka e il leader di Coalizione Democratica (DK) nonché ex primo ministro socialista, Ferenc Gyurcsány. Da lì l’accusa di Timea Szabó, presidente di PM, secondo la quale i due uomini politici sono rassegnati alla sconfitta. Il pericolo è che, con queste polemiche, l’opposizione veda ridursi ulteriormente l’appoggio dell’elettorato. Malgrado ciò Botka sostiene che sostituire Orbán è possibile, dato il malcontento generale che regna nel paese. Botka, che sta cercando di creare una lista unica formata dai partiti e dai movimenti democratici che si oppongono all’attuale governo – iniziativa accolta dallo scetticismo di diversi analisti -, ritiene che l’esecutivo del Fidesz abbia creato “un regime corrotto, arrogante, che non fa gli interessi del paese e lascia che molti ungheresi vivano in condizioni di povertà costringendo all’emigrazione centinaia di migliaia di giovani. Il candidato socialista promette, in caso di vittoria, di dar luogo a una rottura rispetto alla politica di Orbán ma anche rispetto a quella dei precedenti governi liberalsocialisti.
Budapest: Si attende che la Corte suprema dica il suo parere sull’ordinanza con la quale László Toroczkai, sindaco di Ásotthalom, un piccolo comune prossimo al confine con la Serbia, ha proibito l’uso del velo islamico, la costruzione di moschee e la presenza di omosessuali. “In questo paese siamo tutti bianchi, europei e cristiani. Non vogliamo immigrati e omosessuali”, ha detto alla BBC Toroczkai, che fa parte della direzione di Jobbik, partito che si prepara alle elezioni del 2018 con l’intento di sostituire Orbán. La settimana scorsa il prefetto ha presentato una denuncia alla Corte suprema nella quale si legge che “il sindaco non ha la facoltà di modificare la legge nazionale sulla convivenza e sulla libertà di culto”. Ad Ásotthalom vivono due musulmani che risultano integrati da tempo nella cittadina. Nel settembre del 2015 era stato messo in rete un video nel quale Toroczkai scoraggiava con tono minaccioso i migranti illegali a varcare il confine ungherese. Il medesimo aveva anche disposto l’affissione per le strade di Ásotthalom e in luoghi pubblici come la stazione e le fermate del bus, di comunicati che invitavano la popolazione locale a non toccare gli oggetti lasciati per strada dai migranti, per evitare il diffondersi di eventuali malattie contagiose.
Budapest: Secondo l’annuncio di Zoltán Kovács, portavoce del governo, le autorità di Budapest hanno rinunciato a ospitare i giochi olimpici del 2024. La circostanza è stata poi confermata da fonti vicine al sindaco della capitale, István Tarlos. L’esecutivo aveva investito, soprattutto in termini di propaganda, nel progetto che è stato contestato da un numero crescente di persone ed è diventato oggetto di ironia del Partito del Cane a Due Code. Promossa dal movimento Momentum, la petizione per indire un referendum col quale chiedere agli aventi diritto se ospitare o meno le Olimpiadi ha avuto successo: sarebbero bastate 138.000 firme per raggiungere lo scopo, ne sono state raccolte oltre 266.000. Secondo Momentum il risultato ottenuto significa che la gran parte delle persone vorrebbe che i soldi venissero spesi per costruire ospedali e scuole, non per i giochi olimpici.
Bratislava: Anche se il numero degli stranieri che lavorano in Slovacchia è raddoppiato negli ultimi due anni, sempre più slovacchi lasciano il paese. Circa 150.000 di loro lavorano all’estero per periodi inferiori a un anno, secondo la recente analisi effettuata da UniCredit Bank Repubblica Ceca e Slovacchia. “La maggior parte di loro va a lavorare nei paesi vicini, come l’Austria e la Repubblica Ceca,” hanno riferito gli analisti della banca citati dall’agenzia di stampa TASR. Il Ministero delle Finanze ha stimato il numero dei lavoratori slovacchi all’estero utilizzando il database dell’assicurazione sanitaria. Secondo gli analisti, negli ultimi 15 anni 300.000 slovacchi hanno lasciato il loro paese. Si tratta soprattutto di giovani di età inferiore a 30 anni con una formazione universitaria. La maggior parte di loro viene dall’est del paese. Sempre secondo gli analisti in Slovacchia il fenomeno è cresciuto in modo particolare dopo l’adesione del paese all’Ue. Attualmente, circa 15.000 slovacchi lasciano il paese ogni anno. A breve l’OSME pubblicherà un approfondimento su questo tema.
I testi dell’Osservatorio Sociale Mitteleuropeo sono riproducibili alla condizione di citare la fonte
www.osmepress.wordpress.com
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2017/02/91016/
Copyright ©2024 Diritti Globali unless otherwise noted.