Francia. Incidente alla centrale nucleare di Flamanville
PARIGI. L’opacità dell’informazione è di rigore quando si tratta di nucleare. Sull’incidente che ha avuto luogo ieri alle 9,40, quando si è sentita un’esplosione, al reattore numero uno della centrale di Flamanville, a 25 chilometri da Cherbourg (e a 20 dal centro di trattamento delle scorie di La Hague), la Prefettura della Manche e Edf, l’operatore, hanno fatto sapere che si tratta di un “incendio circoscritto nella sala macchine, fuori dalla zona nucleare”, che è stato subito messo sotto controllo. Cinque persone sono state leggermente intossicate “a causa del fumo”, ma c’è “assenza di qualsiasi rischio nucleare”. Per precauzione, il reattore numero uno è stato bloccato. L’incidente riguarda “un pezzo meccanico, un ventilatore nella sala macchine, che non è in contato con l’installazione nucleare, che si è probabilmente surriscaldato con fuoriuscite di fumo, per ragioni tecniche da determinare”. Edf ha precisato che non c’è “nessuna conseguenza sulla sicurezza dell’installazione e sull’ambiente”. L’Autorità della sicurezza nucleare (Asn) è “stata informata” della situazione. Fine della trasmissione. Greenpeace si allarma: “con i due recenti incendi che hanno avuto luogo alla centrale di Cattenom, in Mosella, si tratta del terzo incendio in un’installazione nucleare in dieci giorni. L’Asn ha essa stessa dichiarato che la sicurezza nucleare è preoccupante in Francia. Tutto cio’ si inscrive in un contesto di grave degrado dei reattori francesi, di cui più della metà sono colpiti da un centinaio di anomalie gravi”. Oggi, sui 58 reattori esistenti in Francia, 7 sono fermi e una dozzina lo sono stati nei mesi scorsi, per una campagna di ispezione che ha riguardato circa un terzo del parco.
A Flamanville sono in funzione due reattori e un terzo è in costruzione, un Epr (nuova generazione). Quando sarà operativo (non prima del 2018) dovrà sostituire Fessenheim (Alsazia), la più vecchia centrale di Francia con 2 reattori che hanno 40 anni di vita e che Hollande aveva promesso di chiudere (promessa n.41), nell’accordo di governo (poi naufragato) concluso con Europa Ecologia nel 2011. L’accordo prevedeva complessivamente “la chiusura progressiva di 24 reattori”. La promessa elettorale era di “avviare la riduzione della parte del nucleare nella produzione di elettricità dal 75% al 50% entro il 2025”. E’ il contenuto della legge di transizione energetica promulgata nell’agosto 2015. Ma in Francia è la lobby nucleare a comandare, anche se lo stato controlla Edf all’85%. Il presidente di Edf, Jean-Bernard Lévy, ha già previsto di installare nel paese, per il periodo 2030-50, almeno “30 o 40 Epr”, per rimpiazzare le centrali esistenti troppo vecchie destinate alla chiusura. Qualche giorno fa, Edf ha accettato un accordo con lo stato per un indennizzo di 100 miliardi di euro, per la chiusura di Fessenheim. Ma i costi, per lo stato, potrebbero salire a più di 400 miliardi, se si tiene conto dello smantellamento e delle scorie. In ogni caso, la sorte definitiva di Fessenheim sarà decisa solo dopo le elezioni, dal prossimo presidente. Hamon, Macron e il verde Jadot parlato di chiusura, mentre Fillon ha già detto che manterrà la vecchia centrale in attività. Anche Marine Le Pen crede nel nucleare. I sindacati difendono i posti di lavoro. I sindacati presenti nel consiglio di amministrazione (Cgt, Cfdt, Fo, Cfe-Cgc) hanno respinto la proposta di indennizzo dello stato, perché pensano che la chiusura di Fessenheim sarebbe dannosa per l’occupazione (850 impiegati diretti che salgono a 2mila con l’indotto), per la stessa Edf e per il tessuto economico locale. “E’ una centrale sicura” afferma la Cgt, che si basa su una valutazione dell’Asn, favorevole alla continuazione di Fessenheim, anche se la centrale è stata costruita in una zona sismica e potenzialmente inondabile. Dopo l’incidente di Fukushima sono stati intrapresi dei costosissimi lavori di rafforzamento della sicurezza a Fessenheim. Per rispettare le nuove norme di sicurezza per le 19 centrali francesi (58 reattori) saranno necessari almeno 50 miliardi di euro, senza contare i costi degli smantellamenti futuri, che farebbero salire la fattura a più di 75 miliardi. Ma Edf, operatore, e Areva, il costruttore, hanno seri problemi economici. Alla fine saranno gli utenti a pagare (per il momento in Francia l’elettricità costa meno che nei paesi vicini). Areva è sull’orlo del fallimento, impelagata in costose avventure all’estero, Edf ha previsto un azzardato investimento di 16 miliardi in due reattori Edf in Gran Bretagna, malgrado un debito di più di 37,4 miliardi. Edf, nei prossimi tre anni, ha previsto di ridurre l’occupazione di 5mila dipendenti (da 65.300 a 60mila), con blocco dei salari. Ma la difesa del nucleare si è rafforzata grazie alle norme sui limiti delle emissioni di Co2, perché da questo punto di vista è un’energia più “pulita” che il carbone o il gas. Con questa scusa, la Francia è in ritardo sulle rinnovabili: solo il 14,9%, tra gli ultimi in Europa (52,6% in Svezia, 38,7% in Finlandia, 33,1% in Austria, 29,2% in Danimarca).
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