L’Italia respinge l’ultimatum della Ue sui conti
L’Italia scommette sulla debolezza di Bruxelles e sceglie la linea più dura, quella voluta sin dall’inizio da un Matteo Renzi che ha in mente solo le elezioni e le relative necessità di propaganda. La lettera italiana di risposta alla richiesta europea di correggere la legge di bilancio per lo 0,2%, pari a 3,4 miliardi, doveva essere, secondo le indiscrezioni dei giorni scorsi, «anodina». E’ molto di meno: un brogliaccio nel quale non è letteralmente scritto niente se non le formule più vaghe che ci si possa immaginare. Nulla di preciso, nulla di quantificato, nulla di definito nel tempo. Il gioco delle previsioni dei giorni scorsi parlava di indirizzi pur se molto vaghi. Renzi ha ordinato a Paolo Gentiloni e a Pier Carlo Padoan di non mettere giù nero su bianco neanche quelli.
La lettera firmata da Padoan e indirizzata al vicepresidente della Commissione europea Dombrovskis e al commissario all’Economia Moscovici si limita a notificare che l’aggiustamento si comporrà per circa un quarto di tagli alla spesa e per il rimanente di aumenti delle entrate.
I tagli saranno inquadrati nelle più ampie manovre di spending review già in atto e seguiranno pertanto la medesima logica. Gli introiti, a loro volta, arriveranno dal proseguimento e dell’ampliamento della strategia già adottata: «Il governo prenderà tra l’altro provvedimenti di contrasto all’evasione fiscale in continuità con quelli già adottati in passato, estendendone la portata». Il tutto, in ogni caso, non arriverà prima di aprile, quando le misure in questione verranno dettagliate nel Def.
L’intera lettera è solo una rivendicazione orgogliosa dei successi del governo Renzi, e non stupisce quindi che le succinte conclusioni concrete non vadano oltre l’impegno a proseguire con quelle misure già dimostratesi ottime. I risultati raggiunti sul debito, scrivono i funzionari del Mef nel Rapporto sui fattori rilevanti che influenzano la dinamica del debito italiano, «possono essere considerati più che soddisfacenti». Tutta la prima parte della risposta italiana all’Europa è dedicata all’illustrazione delle riforme varate dal governo Renzi e dall’insistenza sulla necessità di considerare meglio i fattori di stress che l’Italia ha dovuto affrontare nei mesi scorsi: l’emergenza migranti e le spese dovute ai terremoti, incluso l’ultimo e più recente, per i quali il Mef già prevede una spesa superiore al miliardo di euro.
In concreto tutto quel che l’Italia concede all’Europa, il solo appiglio per evitare le procedura d’infrazione minacciata, è l’impegno a realizzare l’aggiustamento richiesto dalla Commissione, anche se il passaggio sui fattori di stress e in particolare sui terremoti recenti lascia intuire che al momento di stringere l’Italia insisterà per un cospicuo taglio della cifra fissata dalla Ue.
Per il resto la lettera di Padoan, Gentiloni e Renzi respinge senza mezzi termini l’ultimatum europeo, che comportava la definizione precisa, pubblica e dettagliata delle misure decise dal governo per ottemperare alla richiesta. Roma ha deciso invece di avviare una trattativa lunga in vista del Def, contando sul fatto che un’Europa già in difficoltà estrema non possa permettersi mosse tali da mettere a rischio di sfondamento il fronte italiano.
E’ un azzardo estremo, tanto più che la partita tra Roma e Bruxelles non si esaurisce con la manovra aggiuntiva in questione. Proseguirà per tutto il 2017, passando per vari capitoli tutti spinosi, e i conti si faranno solo alla fine. Ma Renzi è abituato all’azzardo e in questo momento l’unica stella polare che segue è l’interesse elettorale a breve. In soldoni la propaganda.
Il governo è consapevole di aver scelto una strategia ad alto rischio. Padoan, in seguito al voto dell’aula, avrebbe dovuto riferire sulla vicenda al Senato prima di spedire la lettera. Governo e Nazareno non hanno gradito e l’informativa è slittata a oggi, a cose fatte. Ma ieri, con un blitz in conferenza dei capigruppo, l’informativa è stata derubricata a intervento nel molto meno significativo question time. Essendo decisamente anomalo che la conferenza dei capigruppo rovesci il voto dell’aula, i motivi di pensare che il governo voglia tenere la vicenda quanto più coperta ci sono tutti.
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