by Mario Di Vito, il manifesto | 20 Gennaio 2017 9:46
Ascoli Piceno. «È tutto molto caotico, è difficile anche intervenire». Simone è un attivista di Terre in Moto, una rete territoriale nata nelle Marche che raccoglie varie realtà sociali, associazioni e semplici cittadini che cercano di dare un mano in queste giornate complicate, soprattutto nei paesi dell’entroterra maceratese, tra la neve che ha bloccato tutto e la terra che continua a tremare.
Non solo, Terre in Moto è anche un contenitore di esperienze e informazioni, un tentativo di ripartenza dal basso dopo la distruzione e una ricostruzione che va a rilento, con i riflettori che si accendono solo a tratti, quando l’emergenza è conclamata.
«Se il terremoto è impossibile da prevedere, il gelo e la neve no. Soprattutto in zone appenniniche a inizio gennaio. Piccoli paesi, a volte grumi di case i cui nomi scorrono nelle agenzie di stampa e nei sottopancia dei telegiornali ma che a chi non è del posto non dicono nulla. Amandola, Montefortino, Bolognola, Gualdo. Centri del fermano e maceratese colpiti dalle scosse cominciate il 24 agosto scorso e ora isolati, cancellati da più di un metro di neve», è l’ultimo appello lanciato sulla loro pagina Facebook[1].
Davvero può essere considerata una sorpresa che nevichi sull’Appenino a gennaio? Nessuno era pronto: la popolazione si è trovata ad affrontare da sola l’emergenza, almeno fino a quando le scosse non hanno riportato questa zona al centro dell’attenzione. Quando, cioè, è stato il terremoto a ricordarsi dei terremotati.
«Nevica da lunedì – spiega Simone al manifesto – eppure sono servite le ultime scosse perché ci si ricordasse di quello che c’è qui».
In effetti, sul fronte istituzionale gli ultimi eventi sembrano aver colto tutti di sorpresa.
Sì, una vera follia. Si gestisce solo l’emergenza, mai che si faccia un minimo di prevenzione, si interviene solo quando è già troppo tardi. Va bene, ci stanno due metri di neve ed è pesante, ma anche ce ne fosse stata la metà non sarebbe cambiato molto. Fino a ieri (mercoledì, nda) era tutto fermo, moltissimi si sono ritrovati da soli a spalare la neve per entrare o uscire da casa.
Il capo della Protezione Civile Fabrizio Curcio ha detto, in sostanza, che chi fa polemica in questo momento va contro l’intero «Sistema Paese».
Lo manderei in giro tra i paesi della montagna a chiedere se ci sono o no problemi. Ma è tutta la gestione che non sta funzionando, è un continuo: vigili del fuoco senza attrezzature da neve, ruspe senza catene alle gomme, tantissime zone senza acqua né luce….
Come Terre in Moto cosa state facendo?
Spaliamo la neve, in questo momento non possiamo fare altro. Noi siamo nati per tenere alta l’attenzione su queste zone e controllare le tante iniziative messe in atto: vogliamo che il territorio venga coinvolto nelle scelte. Purtroppo si continuano a fare tante chiacchiere, ma in concreto succede poco.
Tipo?
Da anni si fa un gran parlare di «tipicità», di «eccellenze locali» e così via. Ma non è che siamo tutti Farinetti: qui nelle Marche ci sono tanti piccoli produttori che lavorano proprio nelle zone più colpite dal terremoto. Se si impedisce loro di lavorare, è finita. Se uno ha un’attività in un paese, andare lontano, negli alberghi della costa ad esempio, è un disastro. Capisco che sia molto pittoresco parlare di queste cose ma poi c’è la realtà, che è molto più difficile da affrontare.
Si dirà che l’emergenza è grande e difficile da gestire.
È vero, nessuno vuole minimizzare, ci mancherebbe altro: qui sappiamo bene com’è la situazione, ci viviamo tutti i giorni. Però bisogna dire pure che l’interesse arriva sempre e solo quando le cose diventano gravi. È emergenza continua soltanto per questo: ma ormai sono passati cinque mesi dall’inizio del terremoto, e viene da chiedersi perché tutti siano sempre sorpresi da quello che trovano qui.
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