Energie fossili. Trump dà il via libera a oleodotto in Dakota
NEW YORK. Nel terzo giorno da presidente Trump ha previsto un incontro con i leader di Fiat Chrysler, Ford e General Motors. Dopo aver detto ai dirigenti americani di riportare i posti di lavoro in territorio statunitense, se non vogliono pagare multe salate, ed aver emesso un decreto per chiamare l’America fuori dalla Trans-Pacific Partnership, Trump affronta con lo stesso spirito protezionistico i grandi produttori di auto americani.
DURANTE L’INCONTRO Trump ha chiesto una spinta per la costruzione di fabbriche e strutture: «Vogliamo riportare l’industria manifatturiera negli Stati uniti, rendere gli Usa un buon posto per le aziende, trasformandola da luogo molto inospitale per il business, a un posto al contrario molto ospitale».
Per permettere questo Trump ha assicurato che ridurrà le regole, in special modo quelle per l’ambiente a sua detta «fuori controllo»: «Abbrevieremo il processo per ottenere i permessi per le nuove fabbriche – ha detto usando un tono perentorio il neo presidente Usa – se i permessi li otterrete o meno, lo saprete rapidamente». Sistemata l’industria automobilistica Trump si è dedicato al piano energetico che torna allo sfruttamento dei giacimenti nazionali.
Basta con la «Legge Acque» e con il «Piano Clima»: «Per troppo tempo siamo stati trattenuti dal freno delle normative sull’industria energetica» è stata la conclusione di Trump. Il piano energetico «An America first energy plan» si basa sull’uso delle risorse nazionali, riscoprendo il «carbone pulito» e anche in questo caso eliminando noiosi vincoli e burocrazia; secondo il piano i costi energetici per gli americani potrebbero scendere tanto da poter rappresentare in 7 anni un aumento salariale pari a 30 miliardi di dollari.
«NEI GIACIMENTI sotto i piedi degli statunitensi c’è talmente tanta energia che bisognerebbe prendere il fiato prima di esprimerne il valore – ha detto Trump – si parla di 50mila miliardi di dollari. L’Amministrazione è impegnata anche nelle tecnologie del carbone pulito e per il rilancio dell’industria del carbone, danneggiata per troppo tempo. Sfruttiamo questa ricchezza; bisogna sfruttare soprattutto i giacimenti sulle terre federali. Useremo i ricavi della produzione di energia per ricostruire le nostre strade, scuole, ponti e infrastrutture pubbliche». Seguendo questa linea di pensiero, Trump ha anche firmato gli ordini esecutivi per la costruzione di due oleodotti, il Keystone XL e il Dakota Access Pipeline.
IL KEYSTONE XL era stato bocciato nel 2015 dalla amministrazione Obama, mentre la costruzione del Dakota Access Pipeline era stata bloccata a causa delle proteste dei nativi americani che vivono in North Dakota.
Per i nativi questa è una zona sacra e oltre a ciò esiste il pericolo, in caso di incidenti, che l’oleodotto contamini l’acqua potabile, visto che in parte passa sotto il fiume Missouri. Per queste ragioni più di 200 tribù di nativi americani hanno assicurato il sostegno al movimento Standing Rock capeggiato dai Sioux, dando vita alla più grande alleanza tribale degli ultimi decenni.
QUESTI DUE ORDINI ESECUTIVI non concedono in realtà i permessi finali per la costruzione degli oleodotti, ma costituiscono un importante passo avanti verso l’approvazione, il processo, insomma si è messo in moto. Sul fronte delle nomine Trump si è riappacificato con la Cia che ha visitato dopo la tensione tra lui e i servizi segreti , soprattutto dopo le conclusioni di Cia e Fbi secondo le quali la Russia avrebbe orchestrato una serie di attacchi hacker per aiutarlo a vincere le elezioni. Dopo essersi detto più volte scettico, Trump aveva riconosciuto il coinvolgimento russo. Ora Trump si è ora sbilanciato ulteriormente, dichiarando addirittura affetto: «Sono con la Cia al mille per cento, vi voglio bene, vi rispetto».
IL SENATO HA NOMINATO il loro capo, Mike Pompeo, con 30 voti quasi tutti democratici contrari alla nomina. Il neo capo della Cia è un esponente del Tea Party, membro a vita della National Rifle Association, tra i più convinti oppositori all’Obamacare e contrario alla chiusura di Guantanamo.
Pompeo è inoltre famoso per essere stato tra i sostenitori del programma della Nsa sulla sorveglianza, quello poi rivelato da Edward Snowden.
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