Consulta: tre ipotesi per la legge elettorale

Consulta: tre ipotesi per la legge elettorale

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In ogni caso cade il sistema di voto che il mondo doveva copiarci. Ma solo una bocciatura piena faciliterebbe la corsa alle elezioni anticipate. Altrimenti dovrà intervenire il parlamento per armonizzare i sistemi di camera e senato. Una volta lette le motivazioni

«Noi non abbiamo alcun tipo di preoccupazione rispetto alla costituzionalità della legge elettorale, non si è mai vista una legge così semplice e rispettosa dei principi stabiliti dalla Consulta». Siamo arrivati al giorno della verità sull’Italicum e non c’è più traccia della convinzione di Matteo Renzi – la citazione è tratta dalla conferenza stampa di fine 2014, ma il concetto lo ha più volte ribadito, fino all’estremo «l’Italicum funziona anche senza riforma costituzionale». Non ci sono più dubbi che oggi la Corte costituzionale affonderà il coltello nella legge elettorale approvata con tre voti di fiducia al governo Renzi nel maggio 2015. Resta da capire quanto a fondo colpiranno i giudici.

LA PRIMA IPOTESI, minimale ma più accreditata, prevede che vengano accolti solo i due rilievi di incostituzionalità condivisi da tutti i cinque tribunali che hanno portato la legge elettorale di fronte alla Consulta (Messina, Torino, Perugia, Trieste e Genova). Dall’Italicum sparirebbero così il ballottaggio (per mancanza di soglia) e la possibilità dei capilista «bloccati» (cioè sicuri del seggio) di candidarsi in dieci diversi collegi elettorali, scegliendo successivamente per quale optare (e di conseguenza quale candidato della stessa lista escludere). Ne risulterebbe una legge proporzionale con un premio di maggioranza alla lista del 15% difficilmente raggiungibile da un solo partito. Una legge che il parlamento dovrebbe necessariamente armonizzare con quella del senato: c’è infatti almeno un grosso problema di differenti soglie di sbarramento.
È vero che le sentenze della Consulta sui sistemi di voto devono essere autoapplicative perché le leggi elettorali sono «costituzionalmente necessarie», ma il principio vale all’interno di una singola legge mentre adesso nel panorama italiano ce ne sono due; i giudici costituzionali non possono intervenire anche sulla legge del senato (che loro stessi hanno scritto e che non è in questione) né condizionare (troppo) il giudizio di legittimità alle opportunità politiche.

LA SECONDA IPOTESI, mediana e meno probabile, prevede che i giudici della Corte estendano la loro censura al premio di maggioranza al primo turno, cancellandolo del tutto: lo chiedono sia il tribunale di Messina che quello di Genova che giudicano il premio in ogni caso troppo penalizzante per gli elettori delle liste sconfitte: il voto degli elettori «vincenti» finirebbe infatti con il valere quasi il doppio – in termini di seggi guadagnati – rispetto a quello degli elettori «sconfitti». In più la Consulta potrebbe cancellare completamente i capilista bloccati, perché godono di un illegittimo vantaggio rispetto ai candidati della stessa lista, che devono conquistarsi le preferenze, o perché con il sistema del collegio unico nazionale contribuiscono al tradimento della reale volontà degli elettori. Anche nel caso di una sentenza del genere il legislatore dovrebbe intervenire, magari con una norma di «secondo livello» come già indicato dalla Consulta nella sentenza sul Porcellum.

INFINE C’È UNA TERZA, remota, ipotesi, che prevede la cancellazione totale dell’Italicum sulla base del fatto che la legge non può reggere al crollo della riforma Costituzionale; così chiede il tribunale di Messina che argomenta sulla incostituzionalità di due sistemi diversi per le due camere (rimaste) elettive. L’avvocato Besostri, coordinatore del pool al quale si deve l’udienza di questa mattina in Corte costituzionale, proporrà poi ai giudici di auto-porsi il problema dell’approvazione dell’Italicum con la fiducia (mentre regolamenti parlamentari e Costituzione sembrano vietarlo). Anche questa sarebbe evidentemente una causa di totale cancellazione della legge elettorale che, secondo Renzi, «gli altri paesi ci copieranno» («la Spagna e Israele la stanno già studiando», garantiva Maria Elena Boschi qualche giorno dopo l’ultimo sì). Il paradosso è che la totale cancellazione dell’Italicum, una sconfitta radicale, aiuterebbe Renzi nella corsa al voto anticipato. Perché a quel punto «l’armonizzazione» – sulla cui necessità insiste il presidente della Repubblica – sarebbe già fatta, visto che alla camera si applicherebbe lo stesso sistema del senato, il cosiddetto «Consultellum».
Il comunicato con la decisione dei giudici costituzionali è atteso oggi in serata, ma per fare qualsiasi passo bisognerà aspettare le motivazioni (lo ha ricordato ieri il presidente del senato Grasso). Serviranno una ventina di giorni.

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