BEN 42 milioni di euro. Che lo Stato ha pagato solo nel 2016 per risarcire un migliaio di casi tra ingiuste detenzioni – arresti disposti dai giudici che non andavano fatti – ed errori giudiziari riconosciuti da una sentenza di revisione. Una tabella, messa a punto dal Mef che materialmente paga gli indennizzi, è destinata a far discutere alla vigilia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, il 26 in Cassazione, il 28 nei distretti di Corte di Appello.
SOPRATTUTTO perché a metterla in evidenza, con tanto di polemica, è un esponente del governo, il ministro della Famiglia e degli Affari regionali Enrico Costa, con una passione per i fatti di giustizia (è stato vice ministero nel governo Renzi), e un’ossessione, da avvocato, per la giustizia “ingiusta”.
Tabella alla mano e raffronto con gli anni precedenti – dal 1992, anno dell’esplosione di Tangentopoli, a oggi lo Stato ha speso ben 648 milioni di euro per le ingiuste detenzioni e 43 milioni per gli errori giudiziari – Costa non si trattiene da una polemica contro l’Anm, il sindacato dei giudici: «Se dibattessimo meno di età pensionabile dei magistrati e più di queste profonde lesioni della libertà personale, non sarebbe male». Il riferimento è alla querelle tra governo e toghe sul taglio dell’età pensionabile nel 2014 seguito da due proroghe, l’ultima per decreto definita dall’Anm “ad personam” perché riguardava solo gli alti vertici della Cassazione. Tant’è, ancora domani, forse per scongiurare la protesta dell’Anm che vuole disertare la cerimonia in Cassazione, il Guardasigilli Andrea Orlando incontrerà il presidente dell’Anm Pier Camillo Davigo, che chiede di estendere la proroga a tutti.
Dice Costa: «Da ministro della Famiglia mi colpisce che una persona, per via di una detenzione ingiusta o per un evidente errore giudiziario, possa restare sulla graticola per dieci anni, visto che i tempi della riparazione purtroppo sono questi. Nel frattempo, ed è l’aspetto più odioso, chi è stato arrestato o processato ingiustamente rimane esposto al sospetto e la sua vita personale e familiare è distrutta, visto che in media servono 10 anni per accertare il fatto e riconoscere l’indennizzo».
Ma leggiamo i dati che evidenziano come il problema esiste. Errori giudiziari, 6 riconosciuti nel 2016: a Brescia per 20mila euro, a Catania per 560mila, a Catanzaro per 4mila, a Perugia per 3,5 milioni, a Reggio Calabria per 6,5, a Venezia per 113mila. Ovviamente colpiscono quelli di Perugia e di Reggio per l’imponenza della cifra. Lo Stato ha pagato oltre 10 milioni, ma i casi sono 6 in tutto.
Ben diverso il caso delle ingiuste detenzioni, un arresto preventivo non necessario, magari annullato, con l’imputato alla fine assolto e un’istanza alla Corte d’Appello per “riparare” il danno. Trenta milioni sono tanti. E tanti sono i casi. Ben 145 a Napoli (4,2 milioni di risarcimento), 104 a Catanzaro (4,1 milioni), 76 a Catania (3,2), 73 a Bari (2,1), 69 a Roma (1,8), 58 a Lecce (1,2), 52 a Palermo (1,9), 46 a Milano (1,7), Messina 44 (1,4). Una disomogeneità che Costa indica come «un’evidente anomalia che richiederebbe un approfondimento, visto che ci sono tribunali in cui le ingiuste detenzioni sono molto numerose e altri dove sono rare ». Come 28 a Bologna, 23 a Genova e Torino, 19 a Potenza, 17 a Perugia e Venezia. Ma solo 6 a Trieste e 2 a Trento, 3 a Sassari e 4 a Taranto.
Chi paga per gli errori commessi? Nella riforma del processo penale, se mai sarà approvata, lo stesso Costa ha previsto una relazione annuale al Parlamento con i dati delle ingiuste detenzioni e gli eventuali procedimenti disciplinari contro i magistrati “colpevoli”. Relazione che ovviamente non piace affatto all’Anm.
Secondo le stime preliminari dell’Istat, il Pil del primo trimestre dell’anno è diminuito dello 0,8% rispetto ai tre mesi precedenti e dell’1,3% rispetto al corrispondente periodo dell’anno scorso.