Europarlamento: vince Tajani, il presidente preferito dalla destra

by Anna Maria Merlo, il manifesto | 18 Gennaio 2017 9:10

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L’estrema destra arbitro del voto. Dopo gli anni di Schulz, Strasburgo rischia di tornare all’insignificanza del passato. Le critiche al successore di Schulz

Ci sono voluti quattro turni, il massimo previsto dal regolamento del Parlamento europeo, per eleggere il nuovo presidente, in un’ultima battaglia tra italiani. Sarà Antonio Tajani, eletto con un largo margine, 351 voti contro 282 per Gianni Pittella, S&D.

È la prima volta dal ’79 che il voto finale tarda ad arrivare. Prima, c’era sempre stato un accordo preventivo tra i principali gruppi. Dal 2014, l’Europarlamento è cambiato, con l’arrivo in forza di deputati euroscettici, di estrema destra. Ancora al terzo turno, Tajani era in testa con 291 voti, tallonato da Gianni Pittella (199). Gli altri aspiranti fino al terzo turno non hanno rinunciato: la belga Helga Stevens dei conservatori Ecr, la britannica Jean Lambert dei Verdi, Eleonora Forenza della Gue (che ha guadagnato tre voti tra il secondo e terzo turno) e il rumeno Laurentiu Rebega, dell’estrema destra dell’Europa delle nazioni (Fronte nazionale, Lega).

Il ritiro del liberale Guy Verhofstadt, ieri mattina, ha spianato la strada a Tajani. Il parlamentare belga, che rappresenta il Parlamento nel negoziato per il Brexit, aveva sognato la presidenza, ma si è tarpato le ali da solo, con il pasticcio del tentato accordo con i 5 Stelle, naufragato prima di essere concluso. Nell’Alde, che conta 68 eurodeputati, molti non hanno perdonato questa manovra a Verhofstadt. Inoltre, Verhofstadt si era già reso colpevole di aver messo i bastoni tra le ruote alla candidatura di un’altra liberale, la francese Sylvie Goulard (centrista), una parlamentare molto preparata e sinceramente europeista, che avrebbe potuto assumere la successione di Martin Schulz, che con i cinque anni di mandato ha trasformato il ruolo del presidente, in precedenza molto più sfumato. Le reticenze dell’Alde ad aderire con entusiasmo alla candidatura Tajani e il mantenimento dei candidati di estrema destra (Helga Stevens e Laurentiu Rebega) hanno ritardato l’elezione. L’italiano è stato costretto a passare sotto le forche caudine di tutta la sequenza dei voti previsti, fino al quarto e ultimo scrutinio, dove il regolamento permette di presentarsi solo ai due primi arrivati. Un modo per indebolire la prossima presidenza dell’Europarlamento, guardata a vista dall’estrema destra, che è stata determinante per la scelta finale.Verhofstadt, con grande ipocrisia, ha giustificato l’appoggio a Tajani in nome della «costruzione di una coalizione pro-europea e riformare e rafforzare l’Ue». Ma Tajani è contestato. Non solo i Verdi, ma molti eurodeputati lo accusano di aver ignorato le informazioni, avute nel 2012, quando era commissario all’Industria (2010-2014), sulla truffa ai controlli delle emissioni di gas inquinanti per le auto diesel. A sinistra, Tajani è anche criticato per le sue posizioni ultra-conservatrici sulla società: nel ’96, per esempio, aveva inviato una domanda scritta al Consiglio europeo dove affermava che i figli di coppie omosessuali «hanno seri problemi psicologici».

Nell’Europarlamento viene rimproverato a Tajani di aver votato contro lo sviluppo delle energie rinnovabili. Cécile Kyenge si è inquietata della «mancanza di visione» di Tajani nei confronti dell’Africa: «Paesi visti solo come fonte di problemi e di risorse piuttosto che come partner» per la Ue. Tajani ha anche votato «no» alla proposta di assicurare una protezione comune nella Ue ai whistler-blower, i lanciatori d’allerta, dopo lo scandalo dei Panama Papers. In altri termini, l’Europarlamento ha scelto un presidente chiaramente conservatore, a volte ancora più a destra della media del gruppo Ppe. L’estrema destra, forte dal 2014 di un centinaio di parlamentari, non è scontenta del risultato. L’Europarlamento rischia così di tornare nell’anonimato, come era stato per anni, prima della presidenza Schulz.

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