Arrestato a Milano un presunto torturatore di migranti in Libia
Il procuratore capo Francesco Greco rivolge un messaggio al governo Gentiloni: “In un momento in cui fa trattati per la gestione dei flussi migratori, l’Italia deve chiedere il rispetto dei diritti umani”
MILANO. Il procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini, deve averne viste tante ma una valutazione di questo tipo ancora non si era sentita: “In 40 anni di carriera non ho mai visto un orrore simile”. Il riferimento è a un’indagine che ha per scenario un campo in Libia dove venivano ammassati i profughi africani in attesa di imbarcarsi per l’Italia. “Un campo di concentramento”. E’ lì che secondo l’accusa agiva come un torturatore un somalo di 22 anni fermato dalla polizia locale lo scorso 26 settembre a Milano nei pressi dell’hub di via Sammartini (Stazione Centrale) che ospita centinaia di profughi. Osman Matammud sarebbe stato riconosciuto da due ragazze che lo avrebbero visto all’opera nel campo di Bani Walid in Libia, a sud est di Tripoli. L’intervento degli agenti è scattato mentre il ragazzo stava per essere aggredito.
A carico del somalo, che attualmente è detenuto nel carcere di San Vittore per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”, ieri è stata emessa dal gip Anna Magelli un’ordinanza per quattro omicidi commessi nel campo, per il sequestro a scopo di estorsione di centinaia di somali e per le violenze sessuali su decine di donne. I pm hanno chiesto l’autorizzazione a procedere al Ministro della Giustizia per i reati commessi all’estero. Il prossimo 20 gennaio è già stato fissato l’incidente probatorio per verificare nuovamente le testimonianze di alcune vittime che hanno riconosciuto il presunto torturatore. Nell’inchiesta dei pm Luca Gaglio e Marcello Tatangelo sarebbero state raccolte diverse testimonianze che concordano su molti episodi agghiaccianti.
Secondo gli inquirenti, Osman Matammud per organizzare un viaggio dalla Libia all’Italia si faceva pagare 7.500 dollari a persona. Chi non riusciva a pagare veniva sottoposto a torture anche con scariche elettriche, le donne venivano violentate. In questi mesi di indagini sarebbero stati sentiti dieci somali che hanno verbalizzato le violenze subite, c’è chi ha parlato di pestaggi a morte e di decessi causati dalla mancanza di cibo e cure. “Era un sadico che si divertiva a torturare e stuprare”, così è stato descritto. I profughi testimoni adesso vogliono “un processo pubblico” e, come ha spiegato Ilda Boccasini, potranno restare in Italia con un permesso di soggiorno per motivi di giustizia.
Questa inchiesta, al di là dei risvolti giudiziari, pone più di un problema al governo Gentiloni e soprattutto al nuovo ministro degli Interni Marco Minniti, già “il preferito” da quei pochi italiani che ancora si prestano a rispondere ai sondaggi. Lo sottolinea il procuratore di Milano Francesco Greco: “Il problema dell’esistenza di campi non riconosciuti apparentemente dai governi locali o clandestini in cui vengono smistati i rifugiati politici e quello del rispetto dei diritti umani nei campi sia clandestini che regolari”. Greco dà un consiglio al governo: “In un momento in cui fa trattati con i paesi per la gestione dei flussi migratori, l’Italia deve chiedere il rispetto dei diritti umani”.
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