by Lorenzo Salvia, Corriere della Sera | 16 Gennaio 2017 10:00
ROMA Il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, dice no alla black list dei debitori, l’elenco delle aziende che hanno ottenuto e non restituito prestiti importanti dalle banche poi aiutate dallo Stato, a partire dal Monte dei paschi di Siena. E risponde a muso duro al ministro tedesco dei Trasporti che accusa il governo italiano sul caso Fca, i dispositivi per il controllo delle emissioni che negli Stati Uniti sono finiti sotto la lente dell’agenzia per la protezione ambientale: «Se si occupa di Volkswagen, Berlino non fa un soldo di danno».
Sul caso Fca, la risposta di Calenda arriva dopo che il ministro tedesco dei Trasporti, Alexander Dobrindt, aveva accusato le «autorità italiane di sapere che l’azienda usava dispositivi di spegnimento illegali», chiedendo all’Unione Europea di «garantire il richiamo di alcuni modelli». Parole alle quali ribatte anche il ministro italiano dei Trasporti, Graziano Delrio: «La richiesta di Berlino è totalmente irricevibile. I nostri test dimostrano che non esistono dispositivi illegali e comportamenti anomali».
Sulle banche, invece, le parole di Calenda segnano un cambio di direzione rispetto alla linea tenuta dal governo nei giorni scorsi. «No – dice il ministro intervistato da Giovanni Minoli per il programma Faccia a faccia di La7 – secondo me non va pubblicata la lista dei grandi debitori insolventi». Perché? «Il principio è che l’imprenditore va dalla banca a chiedere i soldi. È responsabilità della banca capire se è insolvente oppure no. È un po’ strano spostare l’onere su chi chiede i soldi». Siano le banche a vigilare, insomma, e non si scarichi la responsabilità in automatico sugli imprenditori. Con qualche eccezione, però: «Se invece ci sono state connivenze» tra chi prestava il denaro e chi lo incassava, secondo Calenda «vanno pubblicate e dichiarate».
Nei giorni scorsi il governo aveva lasciato intendere di essere d’accordo con la proposta della black list , avanzata mesi fa dal governatore della Toscana, Enrico Rossi, sostenuta dalle associazioni dei consumatori e poi fatta propria, a titolo personale, dal presidente dell’Abi, l’associazione delle banche, Antonio Patuelli. Ma, al di là degli annunci, la strada non è così semplice. La settimana scorsa, durante un’audizione in Parlamento, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan si era detto favorevole alla «trasparenza» ma a patto di distinguere tra «comportamenti sfortunati comportamenti scorretti che possono determinare accumulazione di debito». Stessa distinzione fatta da Calenda, che però frena rispetto alle aperture arrivate nei giorni scorsi. Come quella contenuta nella risoluzione del Pd, approvata alla Camera, per la commissione d’inchiesta parlamentare sul sistema bancario che, se davvero partirà, avrà poteri simili a quelli della magistratura.
Calenda interviene anche su Alitalia: «Attenti a parlare di ristatalizzazione, quando era dello Stato è stata gestita male» e «adesso serve un piano validato da tutti gli azionisti». E anche di Rai, aprendo all’ipotesi di mettere a gara una quota del servizio pubblico («è un ragionamento che va fatto»), e dicendo che l’amministratore delegato Alessandro Campo Dall’Orto «deve restare al suo posto e fare un piano editoriale». Dal ministro anche una battuta tutta politica, sulla nuova segreteria del Partito democratico che sta preparando il segretario Matteo Renzi: «Io non sono iscritto al Pd, ma prenderei in considerazione un’iscrizione se si allargasse molto la squadra. E se si mettessero in discussione alcune cose fatte, come gli 80 euro». Non un dettaglio. E Renzi? «Abbiamo bisogno della sua leadership. Ma la sua forza non deve trasformarsi in aggressività».
Lorenzo Salvia
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