Cie e migranti. Crescono i ricorsi al giudice contro le espulsioni

Cie e migranti. Crescono i ricorsi al giudice contro le espulsioni

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Aumentare i luoghi di detenzione di «migranti irregolari» prima del rimpatrio, il nuovo verbo del governo italiano in materia di immigrazione, piace a Bruxelles. Senza indulgere in aggettivazioni, il portavoce della Commissione Junker ieri «accetta» – ma di fatto plaude – le direttive del nuovo ministro dell’Interno Marco Minniti. Anzi, fa sapere che finora i «luoghi dedicati a questo scopo attualmente attivi in Italia» erano giudicati insufficienti «allo scopo di velocizzare il processo delle richieste d’asilo e di incrementare i rimpatri di chi non ha i requisiti per accedere alla protezione internazionale».

L’AGENZIA EUROPEA Frontex, adibita al controllo delle frontiere esterne all’area Schengen fa sapere che il 2016 è stato l’anno più caldo degli sbarchi in Italia con il record di 181 mila arrivi, in particolare dall’Africa occidentale (soprattutto dalla Nigeria, seguita da Eritrea, Guinea, Costa d’Avorio e Gambia nell’ordine) sulla rotta del Mediterraneo centrale. Frontex ricorda che in virtù dell’accordo Ue-Turchia (costato 6 miliardi di euro) per sigillare le sue frontiere e dei muri eretti lungo la rotta balcanica, in Grecia dal marzo scorso non è arrivato più quasi nessun siriano, afgano o iracheno. Tradotto significa che l’Europa può esultare di aver sbattuto le porte in faccia e buttato la chiave di fronte a chi fugge dalle guerre, inclusi tutti i vari Aylan Kurdi su cui il web e vari politici nostrani continuano a piangere lacrime di coccodrillo.

L’AFFLUSSO DALL’AFRICA verso i lidi italiani viene definito da Frontex «una pressione migratoria costante». L’agenzia negli ultimi mesi si è attivata in modo straordinario nel coordinamento delle operazioni di rimpatrio congiunte dei migranti che non hanno ottenuto un permesso di soggiorno: voli charter verso paesi terzi con cui esistono accordi di riammissione (con l’Ue oltre alla Turchia, il Niger, la Nigeria, il Senegal, il Mali e l’Etiopia) . Su questi aerei noleggiati devono trovare posto le persone espulse per ordine di un tribunale o di una autorità amministrativa competente, quindi sotto scorta, magari perché ritornati dopo essere già stati espulsi. Il Paese che organizza il volo supervisiona il trasferimento ma Frontex partecipa ai costi attraverso un apposito «fondo europeo per i rimpatri».

LE DOMANDE D’ASILO rifiutate dagli Stati a livello europeo sono circa la metà di quelle presentate: circa 250 mila persone l’anno, che secondo Frontex potrebbero essere soggette a ordine di rimpatrio, su mezzo milione che attraversano le frontiere europee «in modo irregolare». Il reclamato boom delle espulsioni ha però finora un freno: gli avvocati.

IL MINISTERO della Giustizia guidato da Andrea Orlando ha fatto i conti sulle impugnazioni in sede giurisdizionale contro i dinieghi alle domande di asilo delle Commissioni territoriali amministrative sostenendo che sono troppe. E in crescita «esponenziale».

LA RELAZIONE del ministero di via Arenula contiene una sorta di lista «nera» delle Corti di appello che detengono il primato dei ricorsi in esame: il Tribunale di Milano con circa 400 procedimenti iscritti al mese è il primo della lista, quasi a pari merito con Torino (circa 350 al mese nel 2016) ma anche Catania, Ancona, Caltanissetta, Catanzaro, Cagliari, Firenze hanno accettato di aprire molti più fascicoli di riesame delle pratiche (il 300% in più rispetto al 2014) . Cosa fa dunque il governo Gentiloni e lo stesso Orlando?

PALAZZO CHIGI annuncia di aver messo a punto un provvedimento – un ddl di 17 articoli – con l’obiettivo dichiarato di «accelerare le procedure delle domande d’asilo» che elimina la fase di appello. E pure l’esame in udienza, ad esempio delle registrazioni del colloquio davanti alla Commissione territoriale, dove spesso si vedrebbe che il migrante neanche viene ascoltato o che non viene tradotto. In caso di diniego si potrà ancora portare la questione di fronte al giudice ma il Tribunale deciderà un no o un sì solo con decreto camerale. E «il decreto non è reclamabile», si legge nel ddl. Il Tribunale dovrà decidere entro sei mesi e il ricorso si potrà presentare solo in Cassazione.

Sembra il modello Jobs Act applicato ai migranti: far piazza pulita delle ultime tutele.

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