Conetta, il gelo dopo la rabbia nella ex base missilistica
La nostra Africa. Squarciato il velo di omertà sul «sistema Borile», Le indagini fanno emergere i lati oscuri del giro d’affari milionario riconducibile a Edeco-Ecofficine
Congelata anche la rabbia a Conetta, dove comunque il centro d’accoglienza resta presidiato da celere e carabinieri.
La salma di Sandrine Bakayoku – 25 anni, ivoriana, morta lunedì mattina nel bagno riservato alle poche decine di donne fra migliaia di profughi – resta a disposizione della magistratura per ulteriori accertamenti. È stata il simbolo della rivolta divampata nell’ex base missilistica (altro fascicolo aperto dal procuratore reggente di Venezia Carlo Nordio e dal pm Lucia D’Alessandro), ma potrebbe presto incarnare un «dossier» a Bruxelles o addirittura il ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.
La morte di Sandrine non si può archiviare facilmente. Ha pagato il prezzo più alto nel business che s’intreccia con politica, coop formato famiglia, interessi privati sui finanziamenti pubblici. Conetta per quanto «alleggerita» di un centinaio di profughi trasferiti a Bologna assomiglia troppo alla vergogna di Idomeni nei racconti documentati di chi in questi mesi è riuscito a entrare. Hanno dovuto piegare la «resistenza» della prefettura perfino i deputati Nicola Fratoianni e Giovanni Paglia di SI-Sel, poi «scortati» nella visita dallo staff di Edeco-Ecofficina che gestisce la struttura.
La morte di Sandrine ha squarciato l’ultimo velo di ipocrisia, omertà, indifferenza sul «sistema» che fa capo a Simone Borile e alla moglie Sara Felpati. Lui si è svezzato alla scuola dorotea, approdando a FI e poi negli interstizi della sussidiarietà nazionale. Lei l’11 novembre 2015 lamentava un sequestro di persona: alcune ore nell’ufficio dell’hotel di Battaglia Terme, immortalata dal video in cui chiama «macachi» i tre africani che sollecitavano informazioni sulla loro sorte.
Entrambi sono stati indagati dalle Procure di Rovigo e Padova proprio per la gestione dell’accoglienza. Tant’è che già un mese fa Alessandro Naccarato, deputato Pd della Commissione antimafia, invocava un drastico provvedimento da parte di Raffaele Cantone nei confronti della coop Edeco: «Occorre commissariarla e impedire che partecipi al bando sull’accoglienza profughi pubblicato dalla prefettura. L’articolo 32 della legge 114 prevede questa possibilità in presenza di rilevate situazioni anomale e comunque sintomatiche di condotte illecite».
Non era andata a buon fine l’interrogazione presentata il 6 aprile al ministro Alfano dai deputati padovani del Pd (Naccarato, Margherita Miotto, Vanessa Camani, Giulia Narduolo e Alessandro Zan), che disegnava la rete di Ecofficina: 500 profughi nel Veneziano, 150 nella provincia di Vicenza e 80 in Polesine più un centinaio a Battaglia Terme, 40 a Torreglia, 30 a Due Carrare, 60 a Monselice, 48 a Este e 95 a Montagnana nel Padovano. In quest’ultimo Comune le recentissime verifiche dei carabinieri avevano elencato le carenze dell’accoglienza nell’hotel e nei due appartamenti del napoletano Sergio Enzini che aveva incassato 100 mila euro.
Attualmente il giro d’affari di Borile & C è diventato milionario proprio grazie ai bandi prefettizi per circa 2.000 migranti all’interno delle ex strutture militari nel Veneto. Gestione che va di pari passo con la distribuzione dei pasti che arrivano da società riconducibili a Leonardo Padrin, ex presidente di Compagnia delle Opere Nord Est e consigliere regionale galaniano. Un «sistema nel sistema» che clona per i migranti le architetture del fallimento Cosecon-Attiva (100 milioni di «buco» e Comuni della Bassa in ginocchio) come nel comparto dei rifiuti. Tutto agli atti, grazie al lavoro di documentata denuncia dei comitati locali sostenuti dai consiglieri comunali M5S.
Intanto, Edeco-Ecofficina ha incassato dalla Regione nel 2015 oltre 65 mila euro di finanziamenti ad asili. E il 5 giugno dello stesso anno si aggiudicava anche il bando prefettizio per l’accoglienza di «stranieri richiedenti protezione internazionale». La coop di Borile & C presenta un’offerta «anomala», anche se come le altre due coop in gara proponel’identica cifra di 34,90 euro. Tecnicamente, il punteggio finale lievita grazie ai corsi d’italiano, alla dotazione di personale, al servizio di pulizia e alla struttura con 28 posti. Segretaria della commissione prefettizia che il 21 maggio aveva aperto le buste è Tiziana Quintario, la funzionaria ora iscritta al registro degli indagati insieme ai vertici della coop.
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