François Hollande rinuncia a candidarsi «nell’interesse della Francia»
François Hollande rinuncia. Dall’Eliseo, su uno sfondo blu, ieri, a sorpresa, alle ore 20, ha annunciato che non si presenterà alle prossime presidenziali. È la prima volta che succede nella V Repubblica. Mai prima un presidente in carica aveva rinunciato a ripresentarsi. Triste solitario y final per il secondo presidente di sinistra che la Francia ha avuto nella V Repubblica. Hollande lascia, ci sarà molto probabilmente Manuel Valls a difendere il bilancio della presidenza, alle primarie socialiste. Hollande abdica, ma non ha scelto un erede.
Lascia, «nell’interesse della Francia», e perché «come socialista non intendo portare alla dispersione della sinistra». Ma lascia senza fare nomi per una successione (anche per non distruggere l’eventuale erede vista la sua impopolarità). Si è reso conto che non aveva possibilità, che l’opinione pubblica era ostile. Ieri sera, in diretta tv, Hollande ha difeso il suo bilancio: i conti pubblici risanati, la Sécurité sociale in equilibrio, un modello sociale preservato, una ripresa dell’occupazione, la Cop21 sul clima, la difesa della scuola, la difesa delle libertà, il matrimonio per tutti. Hollande ha ricordato di aver difeso la Grecia e, con lei, l’Europa. Ha ammesso «un solo rimpianto»: aver proposto la privazione della nazionalità per i condannati per terrorismo, dopo gli attentati del 13 novembre 2015. Tra le sue eredità non ha citato la Loi Travail né gli sgravi ai contributi alle imprese, i due punti più controversi, contestati a sinistra.
La destra, alle primarie appena concluse, ha scelto François Fillon, che ha fatto campagna per privare della nazionalità non solo i bi-nazionali ma anche coloro che hanno il solo passaporto francese (creando apolidi, situazione contraria all’Onu). Fillon vuole privatizzare la sanità, ha progetti reazionari sulle questioni di società. Mentre l’estrema destra vuole picconare l’Europa, creando muri.
Tra le reazioni a caldo, quella del primo ministro, Valls, che dovrà scendere in campo: «Una decisione coraggiosa». Cattivo, Jean-Luc Mélenchon della France Insoumise: «L’ammissione di un fallimento». Reazioni volgari a destra. «Il quinquennato finisce con la decadenza del potere, un fallimento», ha commentato Fillon. Jean-Luc Chatel (Républicain): «E se fosse l’unica buona notizia di questa presidenza?». L’unica eccezione a destra è Nicolas Dupont-Aignan di Debout la République, a destra della destra, che ha reso omaggio a «una decisione dignitosa».
Ieri era il primo giorno per le candidature alle primarie del Ps, che corrono fino al 15 dicembre. Si è già presentato Arnauld Montebourg, ex ministro dell’Economia. Altri sono sulla linea di partenza, tanti, troppi, molto simili (Benoît Hamon, Marie-Noelle Lienemann e altri meno conosciuti, tutti critici verso la presidenza Hollande). Ma la «fronda» socialista non è riuscita a trovare un candidato comune. La confusione è generale, la previsione era di un «suicidio politico» annunciato per il Ps. La rinuncia di Hollande potrebbe riaprire i giochi e anche creare uno choc. In realtà, a sinistra, ormai, c’è una pletora di candidati, che rifiutano di partecipare alle primarie: da Emmanuel Macron, «né di destra né di sinistra», fino al verde Yannick Jadot o alla radicale di sinistra Sylvia Pinel. Poi c’è Jean-Luc Mélenchon per la France Insoumise, che ha ottenuto obtorto collo l’appoggio dei militanti comunisti (ma la direzione del Pcf è poco entusiasta di dover rinunciare a una candidatura). In altri termini, anche senza Hollande la sinistra intesa in senso ampio arriva frammentata alle presidenziali. Con il rischio di non arrivare al secondo turno e di regalare alla Francia uno scontro destra molto a destra (Fillon) e estrema destra (Marine Le Pen).
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