Expo. Beppe Sala si autosospende e spiazza la Procura
Un avviso di garanzia è solo un avviso di garanzia. Ripetere tre volte al giorno fino al ristabilimento completo di una delle funzioni primarie di qualunque pensiero politico che ancora si voglia di sinistra. Altrimenti il sindaco la prossima volta potrebbe nominarlo direttamente la magistratura. A Beppe Sala però è andato il sangue alla testa. Chi lo ha sentito dice che questa volta è letteralmente furibondo. L’uomo è impulsivo, si è autosospeso, la sua è stata una decisione di pancia perché su certe cose non transige. “Non è un politico”. Questa valutazione mette tutti d’accordo, quelli che apprezzano e quelli che invece contestano la scelta clamorosa di autosospendersi rischiando di creare un vuoto di potere proprio nella città che viene raccontata come la capitale del nuovo Rinascimento. Per alcuni è un atto di grande sensibilità, per altri il gesto di un irresponsabile.
Sala però insiste e ieri – dopo aver saputo di essere indagato per falso ideologico e materiale nell’inchiesta sull’appalto della Piastra di Expo – ha confermato la sua clamorosa autosospensione recandosi con passo deciso nell’ufficio del prefetto Alessandro Marangoni. Il quale deve aver allargato le braccia per l’impossibilità di accogliere la richiesta, perché non esiste alcuna norma che preveda l’autosospensione in un caso come questo: la legge Severino la prevede ma in caso di condanna di primo grado e non per un avviso di garanzia. Come che sia, la prossima settimana Sala spiegherà in aula le sue decisioni. Per ora valgono le righe scritte alla vicesindaco Anna Scavuzzo, chiamata a sostituirlo non si sa fino a quando: “Fino al momento in cui mi sarà chiarito il quadro accusatorio ritengo di non poter esercitare i miei compiti istituzionali. Ho appreso da fonti giornalistiche di essere iscritto nel registro degli indagati, non ho ricevuto alcuna comunicazione ufficiale, ritengo che l’attuale situazione determini per me un ostacolo temporaneo a svolgere le funzioni di sindaco”.
E’ evidente che anche solo l’ipotesi di sbattere la porta per un semplice avviso di garanzia abbia colto di sorpresa la Procura Generale di Milano che già ieri ha manifestato l’intenzione di ammorbidire i toni dello scontro. Secondo indiscrezioni, sembra che sia intenzionata ad ascoltare al più presto la versione di Sala qualora il sindaco decidesse di presentarsi in tribunale. Dunque, anche se la Procura Generale si è presa altri sei mesi per chiudere l’indagine, probabilmente i tempi saranno molto più rapidi.
Lo strappo di Beppe Sala, che equivale a un’insolita e provocatoria dichiarazione di innocenza, non potrà che avere a due esiti. O scatterà l’archiviazione, oppure verrà rinviato a giudizio, nel qual caso non potrebbe fare altro che dimettersi. Sarebbe un disastro politico per lui e soprattutto per chi ha voluto candidarlo, perché non va dimenticato che Beppe Sala ha assunto l’incarico di commissario straordinario di Expo per conto di tutti i governi che (a tutti i livelli) hanno gestito malissimo e con ritardo la fase preparatoria dell’esposizione universale.
Va bene che il sindaco non è un politico, ma davvero non si capisce come, a più di un anno dalla fine dell’Expo e dopo la lunga moratoria che di fatto ha sospeso le indagini per non guastare la festa, oggi possa pensare di essere ancora al riparo perfino da un semplice “atto dovuto”. Per di più nell’ambito di un’inchiesta che aveva già visto coinvolti alcuni suoi stretti collaboratori. Poteva succedere prima. E’ successo oggi. Potrebbe succedere ancora. Sicuramente lo sapeva il suo partito di riferimento che con il benestare di Matteo Renzi ha fatto di tutto per accompagnarlo a Palazzo Marino. Forse ci dovevano pensare prima, è chiaro che oggi non possono fare altro che incrociare le dita e stringersi attorno al sindaco che in questi pochi mesi non ha fatto rimpiangere Giuliano Pisapia.
“Ha fatto un gesto di grande e rara sensibilità, il sindaco ha la fiducia della nostra città”, commenta il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina. L’assessore al Welfare Piefrancesco Majorino, che alle primarie lo attaccò proprio per il suo ruolo di commissario di Expo, è di poche parole: “Sono convinto che il nostro sindaco, Beppe Sala, uscirà bene da questa vicenda. Noi siamo e saremo al lavoro per la città”. Mirko Mazzali, avvocato ed esponente di Sinistra X Milano con delega alle periferie, da buon conoscitore di Palazzo di Giustizia azzarda un’ipotesi su Facebook: “Io salvo una decina di post giustizialisti fatti anche da gente di sinistra, tipo lo avevo detto, si deve dimettere… poi fra un mesetto quando il tutto sarà archiviato li pubblico sulla mia bacheca”. Come dice il cardinale Angelo Scola, anche lui solidale col sindaco, “dobbiamo restare in attesa del cammino delle cose”. Che qui a Milano, si sa, corrono veloci.
Related Articles
Con «cinque punti» il Pd apre alla trattativa con Casaleggio e i 5Stelle
Programma. «Sicurezza» con «immigrazione». No solo alla riforma costituzionale già affondata
Consulenze d’oro, ecco il sistema Formigoni
I pm: meccanismo in funzione fin dagli anni 90, corruzione dietro i contratti fittizi
Maggioranza salvata 5.098 volte dalle assenze in Parlamento