by Sebastiano Canetta, il manifesto | 22 Dicembre 2016 14:11
BERLINO Continua in tutta la Germania la caccia ad Anis Amir, tunisino, sospettato numero uno della strage al mercatino di natale rivendicata dall’Isis. Mentre non c’è ancora alcuna conferma ufficiale della sorte di Fabrizia Di Lorenzo, 31 anni, abruzzese, dispersa subito dopo l’attentato e tuttora irrintracciabile.
Da Berlino il ministro dell’Interno Thomas de Maizière fa sapere (dopo la cattura dell’uomo sbagliato) che le indagini ora si concentrano sul nuovo ricercato, già noto alle forze di sicurezza. «All’alba è stato spiccato il mandato di cattura nell’area Schengen» certifica, omettendo sul tempo perduto seguendo la pista falsa. La polizia ha offerto una taglia di 100mila euro per chiunque fornisca informazioni utili.
Nella morgue di Berlino, qualche chilometro di distanza dal suo ufficio, continua il riconoscimento delle salme. Per ora medici e agenti di polizia sono riusciti a restituire il nome solamente a 8 dei 12 morti nel massacro. Nei tre ospedali berlinesi della Charitè prosegue la cura della cinquantina di feriti (di cui 25 lievi) visitati ieri dal presidente della Repubblica Joachim Gauck. Nella lista dei pazienti dimessi (e già rimpatriati) risultano anche Giuseppe La Grassa ed Elisabetta Ragno, 30 enni di Milazzo, a Berlino per festeggiare l’anniversario di nozze. «Abbiamo visto la morte in faccia: siamo miracolati. Ho sentito il rombo del tir, pensavo fosse imbottito di esplosivo» raccontano ancora scossi.
Sul fronte delle indagini, in parallelo alla cattura del tunisino, i servizi segreti si concentrano sull’inquietante scia di Abu Walaa, predicatore salafita arrestato in Germania il 7 novembre 2016, da tempo tenuto sotto controllo (anche telefonico) dagli esperti del controspionaggio. Il mullah integralista, ritenuto tra i principali reclutatori dei foreign fighter tedeschi (con oltre 25 mila “amici” su Facebook) potrebbe essere direttamente coinvolto nella fornitura delle armi utilizzate dall’attentatore.
Le stesse che hanno ucciso Lukasz Urban, l’autista polacco del Tir-killer che ha lottato fino alla morte per fermare la corsa dello Scania nero “dirottato” sulla folla. Il suo cadavere restituisce i segni delle tumefazioni insieme alle decine di coltellate incassate, e al foro di arma da fuoco che ha messo fine al suo tentativo di evitare in extremis la strage. Si era aggrappato con forza al volante e forse, è riuscito a risparmiare conseguenze perfino peggiori di quelle registrate. Secondo la ricostruzione della polizia berlinese il terrorista lo avrebbe finito quando il camion si è fermato, prima di fuggire tra i passanti impazziti di paura.
Ancora nessuna certezza, invece, del destino di Fabrizia Di Lorenzo, originaria di Sulmona, a Berlino dal 2013, impiegata in una ditta tedesca di trasporti. L’ipotesi di trovarla viva resta appesa al doppio filo del campione di Dna prelevato ai genitori in attesa del confronto con i cadaveri non ancora identificati. La famiglia ha perso ogni speranza dopo il ritrovamento del suo telefono e della Umweltkarte (l’abbonamento della metropolitana) a pochi metri dal luogo della strage. «Aspettiamo il responso ufficiale dell’esame sulla compatibilità del profilo genetico, ma non ci facciamo illusioni» ha ripetuto anche ieri il padre Gaetano.
Laureata all’università La Sapienza di Roma in mediazione linguistica e culturale, Fabrizia aveva proseguito gli studi in relazioni internazionali. A pieno titolo parte della «generazione Erasmus» che ha scelto di vivere in Europa. Sintomatico il suo ultimo tweet datato 5 dicembre: riporta il video con la scena del film La meglio gioventù, lo spezzone in cui il professore invita a lasciare «l’Italia-Paese dei dinosauri, dove non cambia mai nulla».
Ma non muta niente nemmeno in Germania dove la reazione al terrorismo equiparato all’immigrazione è sempre la stessa. Meno di 48 ore dopo la strage di Breitscheidtplatz, in strada si gira il giorno degli sciacalli pronti a profittare del clima di paura.
Ieri alle 18 davanti alla cancelleria la destra di Alternative für Deutschland ha mostrato la solita pellicola. In prima fila nella «veglia per le vittime» il vice di Frauke Petry, Alexander Gauland, e il leader di Afd-Turingia Björn Hock, insieme agli estremisti del cartello nazionalista Uno per cento. Tutti uniti dallo slogan: «Le mani di Merkel sono insaguinate» echeggiato anche nella contemporanea protesta in piazza Hardenberg di decine di neonazi del Npd.
Un’ora prima sulla Kantstrasse il sindaco Spd di Charlottenburg, Reinhard Naumann, dopo aver annullato le vacanze, ha chiamato a raccolta gli antirazzisti del quartiere per la contro-dimostrazione. «Non abbiamo mai lasciato Berlino-Ovest alla destra. Non lo faremo adesso» ha tagliato corto. Con lui centinaia di berlinesi dell’Alleanza contro l’estrema destra hanno voluto «Dire no a chi utilizza l’attentato per incitare all’odio e dividere la società» cercando di impedire «l’incasso del capitale politico accumulato sul terrore». Poco prima un gruppo di rifugiati si era dato appuntamento in centro per intonare il brano We are the world. E ribadire la posizione di chi, più di chiunque altro, conosce l’inferno dell’Isis.
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