«Soluzione politica per la Siria» dicono Russia, Turchia e Iran
Vertice Mosca. Non è sciolto però il nodo dell’intervento militare della Turchia in territorio siriano. Intanto prosegue l’evacuazione di Aleppo Est
L’assassinio ad Ankara dell’ambasciatore russo Andrey Karlov non ha pesato sul vertice di Mosca. Gli avversari poi divenuti alleati, almeno negli interessi comuni, hanno prima affermato che i colpi di pistola che lunedì hanno ucciso il diplomatico, non freneranno la cooperazione tra Turchia e Russia e poi, assieme all’Iran, hanno detto di concordare su di un punto centrale: la crisi siriana non deve essere risolta militarmente ma politicamente. Durante la conferenza stampa seguita all’incontro, con accanto i suoi omologhi turco e iraniano, Mevlut Cavusoglu e Mohammad Javad Zarif, il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov ha comunicato «Noi tutti concordiamo sul fatto che la sovranità e l’integrità territoriale della Siria debbano essere rispettate. Siamo anche d’accordo sul fatto che non possa esserci una soluzione militare alla crisi siriana. Crediamo che non ci sia alternativa alla soluzione politica del conflitto». Iran, Russia e Turchia, ha aggiunto Lavrov, «sono pronte a fornire assistenza nella preparazione di un accordo tra il governo siriano e l’opposizione e diventarne i garanti. I ministri concordano sull’importanza di allargare il cessate-il-fuoco, di un libero accesso per gli aiuti umanitari e del movimento dei civili nei territori siriani». Due giorni fa, in anticipo sul meeting a tre di Mosca, Vladimir Putin e il presidente iraniano Hassan Rouhani si erano espressi a favore dell’avvio rapido di colloqui tra il governo siriano e l’opposizione nella capitale del Kazakhstan, Astana. Sempre due giorni fa l’inviato speciale dell’Onu per la Siria, Staffan De Mistura, aveva annunciato che le Nazioni Unite sperano di organizzare negoziati tra il governo siriano e l’opposizione il prossimo 8 febbraio.
È difficile valutare la consistenza del vertice di ieri che, dice Lavrov, si ripeterà in futuro e sarà aperto ad altre partecipazioni. L’integrità territoriale della Siria è un principio sacrosanto ma si scontra con le azioni e la politica del leader turco Erdogan che continua a manovrare contro Damasco dietro le quinte e a lanciare accuse al presidente Bashar Assad (sostenuto invece da Mosca e Tehran). Ankara ha creato una zona-cuscinetto nel nord della Siria, per contrastare, armi in pugno, le ambizioni politiche dei curdi e per dare pieno appoggio ai “ribelli” siriani che contribuisce ad armare ed addestrare.
Sul terreno in Siria intanto gli sviluppi sono continui. L’evacuazione da Aleppo Est, di cui l’esercito siriano ha ripreso il controllo, procede e dovrebbe concludersi entro un paio di giorni. Non è noto il numero preciso dei civili ancora dentro i quartieri in cui si sono asserragliati gli ultimi ribelli jihadisti (ai quali Damasco ha intimato di lasciare la città). Poche migliaia secondo alcuni, 15 mila dicono altri. Nella zona orientale della città dovrebbero dispiegarsi nel giro di qualche giorno centinaia di osservatori, come stabilisce la risoluzione franco-russa approvata l’altra sera dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Avranno l’incarico di monitorare le condizioni di vita e la sicurezza dei civili che rimarranno nella zona orientale della città, che per quattro anni è stata nelle mani di una coalizione di gruppi jihadisti capeggiati dal Fronte al Nusra (al Qaeda in Siria). L’impiego degli osservatori si prevede rapido. Ad Aleppo già operano più di 100 funzionari e dipendenti dell’Onu. Degli osservatori dovrebbero far parte anche il Comitato internazionale della Croce Rossa e la Mezzaluna Rossa siriana. La risoluzione chiede che tutte le parti consentano l’accesso incondizionato e immediato all’Onu per fornire aiuti umanitari e assistenza medica, e «il rispetto e la protezione tutti i civili in tutta Aleppo e in tutta la Siria».
A margine del voto l’ambasciatore di Damasco all’Onu, Bashar al Jaafari, ha affermato che l’opposizione siriana, attraverso l’impiego degli osservatori tenterà salvare alcuni agenti di servizi segreti stranieri che si trovano ad Aleppo Est. Al Jaafari ha parlato di 12 spie: sei dell’Arabia Saudita e una ciascuno da Turchia, Stati Uniti, Israele, Qatar, Giordania e Marocco. «Stiamo andando a prenderle e ve le mostreremo», ha avvertito. Oltre all’evacuazione dei miliziani jihadisti e delle loro famiglie da Aleppo Est, prosegue anche quella dei civili dai villaggi sciiti di Foua e Kfarya, per anni bombardati e tenuti sotto assedio dalle formazioni “ribelli” e verso i quali i media e i governi occidentali hanno sempre mostrato scarso interesse. La ripresa di Aleppo Est sembra aver velocizzato anche l’uscita dei “ribelli” dai villaggi di Madaya e Zabadani, vicini al confine con il Libano.
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