Sinistra europea. Il fronte anti-austerità si incontra a Berlino

Sinistra europea. Il fronte anti-austerità si incontra a Berlino

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Mettere radicalmente in discussione i trattati, e rifondare il progetto di integrazione europea oggi in crisi. È questo l’obbiettivo fondamentale che si propone il partito della Sinistra europea (Se), che oggi conclude il suo quinto congresso a Berlino, vera capitale politica dell’Unione europea (Ue). Le assise si svolgono nel pieno di un nuovo braccio di ferro che oppone il governo greco alle istituzioni comunitarie, obbedienti come sempre al volere del ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble: oggetto del contendere, l’aumento delle pensioni deciso da Atene. Una scelta che Alexis Tsipras – che per la Se fu candidato a presidente della Commissione Ue – ha orgogliosamente rivendicato dalla tribuna del congresso berlinese: «Siamo determinati a difendere i diritti del popolo greco, in particolare dei poveri, di chi percepisce salari bassi e dei disoccupati».

La situazione, tuttavia, non è facile. I rapporti di forza continuano a essere sfavorevoli alle forze anti-austerità. E questo è il punto-chiave che torna in quasi tutti gli interventi degli esponenti dei 25 partiti nazionali che compongono la Se: come riuscire a contrastare sia l’egemonia delle forze neoliberali al governo quasi ovunque, sia i movimenti di estrema destra, da Alternative für Deutschland ad Alba Dorata. Esaurito il ciclo di ascesa delle sinistre nei Paesi periferici – Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda – il centro della scena è ora tutto per lo Stato-guida di questa Ue: la Germania. Il 2017 sarà l’anno delle elezioni politiche nella Repubblica federale, e per la prima volta dalla riunificazione l’opzione di una svolta progressista è in campo: Angela Merkel non è più invincibile, e i socialdemocratici prendono finalmente in considerazione l’alleanza con la Linke (e i Verdi). La fine del dominio di Merkel e Schäuble è la condizione – necessaria ma non certo sufficiente – dell’inversione di rotta.

Non è un caso, quindi, che il congresso berlinese ieri abbia eletto nuovo leader Gregor Gysi, che proprio della tedesca Linke è la figura di maggior peso. Subentra al francese Pierre Laurent, segrerario generale del Pcf, per 6 anni alla guida della Se. Il carismatico Gysi è fra i più europeisti dei dirigenti della sinistra tedesca: sono note le differenze con l’altra figura-chiave del suo partito, Sahra Wagenknecht, decisamente più scettica verso la possibilità di mantenere in vita l’euro e le attuali istituzioni politiche dell’Ue. E molto meno incline di Gysi ad alleanze con i socialdemocratici. Divergenze che si ritrovano, in realtà, fra tutte le organizzazioni raccolte sotto l’ombrello della Se, e che il nuovo numero uno avrà il non facile compito di far convivere. L’esperienza e la capacità per farlo di certo non gli mancano.

Per l’Italia ha preso parte al congresso Rifondazione comunista, che, insieme a L’altra Europa con Tsipras, è l’unica forza politica italiana membro a tutti gli effetti del partito della Sinistra europea. E proprio un’esponente del Prc, Eleonora Forenza, è la deputata che il gruppo della Sinistra ha candidato alla presidenza del parlamento europeo. Per sostituire il dimissionario Martin Schulz (che passa alla politica nazionale) il prossimo 17 gennaio ci sarà una competizione tutta italiana: gli unici con chance di essere eletti sono il berlusconiano Antonio Tajani per i conservatori del Ppe e il democratico Gianni Pittella per i socialisti europei (Pse). Vincerà chi saprà aggiudicarsi i voti degli altri gruppi: ago della bilancia potrebbero risultare i liberali di Guy Verhofstadt, ma anche le forze di destra come lo Ukip di Nigel Farage e il Front National di Marine Le Pen. Ma c’è un’altra possibilità: un accordo stile «grande coalizione» che veda il Ppe aggiudicarsi la presidenza dell’Europarlamento «cedendo» al Pse quella del Consiglio europeo (il vertice dei capi di governo), carica attualmente ricoperta dal polacco Donald Tusk.

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