Governo Tsipras. Misure sociale per Natale

by Teodoro Andreadis Synghellakis, Fabio Veronica Forcella, il manifesto | 10 Dicembre 2016 9:56

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Alexis Tsipras ha deciso di rafforzare la politica sociale del governo. Il leader di Syriza ha annunciato, infatti, che 617 milioni di euro verranno redistribuiti a 1 milione e 600 mila pensionati che ricevono meno di 800 euro al mese. Si tratta di un sostegno che in realtà gli permetterà di avere nuovamente la tredicesima, tagliata per volere della Trojka. Una misura resa possibile grazie al buon andamento dell’avanzo primario: era stato fissato a 0,5% del Pil, mentre si attesterà all’1,09% a fine anno. Risorse che saranno distribuite in modo equo: più il reddito dei pensionati è basso, maggiore sarà l’aumento di cui avranno diritto.

Va detto che in sei anni di politiche di austerità, con tagli lineari e indiscriminati, i pensionati sono stati tra quelli più duramente colpiti, pur essendo, per molte famiglie, l’unica fonte di reddito certa.

Da Berlino – come prevedibile – già filtrano i primi malumori, ma il governo a guida Syriza assicura che non ci saranno ripensamenti. Inoltre, si è deciso di sospendere l’aumento dell’Iva per tutte quelle isole che sono in prima linea nell’affrontare l’emergenza dei profughi, tra cui Chios, Lesbo, Samos e Kos. Per Lesbo in particolare, dove nelle ultime ore gli arrivi di profughi e migranti sono tornati ad aumentare, secondo quanto filtra sinora, potrebbero venir decise delle ulteriori agevolazioni fiscali.

«L’aumento dell’Iva è una misura che è stata decisa e che ci siamo impegnati ad applicare – ci tiene a precisare il premier greco Alex Tsipras – ma non nel momento in cui i nostri concittadini portano sulle loro spalle il peso di tutta l’Europa, nell’affrontare la crisi dei profughi».

Queste misure rappresentano, quindi, una prima boccata di ossigeno. Malgrado ciò, la situazione rimane difficile e le organizzazioni sindacali dei pensionati hanno comunque deciso di scendere in piazza il 15 dicembre, per chiedere maggiore sostegno alle politiche sociali, visto che secondo il volere dei creditori, «le pensioni dei greci sono state saccheggiate».

Per quanto riguarda l’annosa questione del debito pubblico, l’Eurogruppo che si è riunito lunedì, ha deciso, tra l’altro, che i tassi di interesse scendano all’1,5% e che gran parte di quanto dovuto ai creditori possa essere saldato non in 28 anni, ma in 32 anni e mezzo. Rimane aperto, tuttavia, il capitolo dell’avanzo primario, visto che i creditori vorrebbero che nel 2018 si arrivasse al 3,5% del Pil, rimanendo a questo livello per una periodo indefinito, che potrebbe arrivare anche quasi a un decennio.

Il governo di Syriza sa bene che il Paese non può sopportare obblighi così pesanti, che costringerebbero a sacrificare le politiche di contrasto alla povertà, e sta cercando di farlo comprendere all’Europa e all’Fmi. La posizione greca è che il programma di aiuti – e quindi, gli interventi pattuiti – si concluderà nel 2018 e, quindi, non deve essere decisa o richiesta nessun’altra misura per gli anni a venire.

L’obiettivo è riuscire a far tornare il Paese sui mercati entro l’anno prossimo, e stabilizzare, per un lungo periodo, la crescita economica. Le sfide, tuttavia, sono continue e molto impegnative: bisognerà vedere come si concluderà la trattativa sui diritti dei lavoratori. Migliaia di greci, che hanno scioperato questa settimana, hanno chiesto di dire «no» alla liberalizzazione dei licenziamenti (come vorrebbe il Fondo monetario internazionale) e di lottare per il ripristino dei contratti collettivi di lavoro.

Quanto alle elezioni, Tsipras e il governo ripetono che si terranno nell’autunno del 2019, alla scadenza naturale della legislatura. Tuttavia, secondo molti osservatori, in caso di dati economici molto favorevoli (anche se molto difficilmente influiranno subito sulla vita dei greci) si potrebbe andare alle urne anche nella primavera o nell’estate del 2017.

A meno che il primo ministro greco non decida di aspettare, convinto che l’Europa debba comunque uscire dal vicolo cieco dell’austerità (difesa ormai a spada tratta quasi solo da Schauble), puntando anche a rendere più visibile la tanto agognata ripresa, soprattutto con un calo percepibile della disoccupazione.

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