Renzi stoppa la nuova «tassa Airbnb»

by Antonio Sciotto, il manifesto | 13 Novembre 2016 9:11

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Mai sia detto che Matteo Renzi possa mettere nuove tasse, soprattutto a tre settimane dal referendum: e così per ordine del premier potrebbe saltare la cosiddetta «norma Airbnb», quella che avrebbe dovuto imporre una cedolare secca del 21% sugli affitti delle abitazioni per pochi giorni. «Nessuna nuova tassa in legge di bilancio, nessuna. Nemmeno Airbnb. Finché sono premier io, le tasse si abbassano e non si alzano #avanti», ha twittato ieri mattina il presidente del consiglio.

Polemico Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio, che fa notare che salti o no la presunta tassa – per il momento allo stadio di emendamento approvato in Commissione Finanze della Camera – in ogni caso l’azienda Usa continuerebbe a non pagare quanto dovuto in Italia: «Gli emendamenti ribattezzati “Airbnb” – spiega – non riguardano in realtà la multinazionale americana, che continua indisturbata a evadere il fisco, bensì consentono ai proprietari di casa di poter utilizzare la cedolare secca anche per affitti di breve periodo i cui introiti sono, solitamente, a nero». «La proposta – aggiunge – arriva da più gruppi parlamentari, a partire dal Pd, e ne riparleremo nei prossimi giorni in commissione Bilancio». Come dire, per esigenze propagandistiche, il premier ha silenziato una richiesta proveniente dallo stesso Pd.

«Al momento – conclude ironicamente Boccia – voglio rassicurare il presidente del Consiglio e segretario del mio partito, Renzi: Airbnb continuerà a non pagare le tasse nel nostro Paese nonostante l’incredibile business che fa qui da noi, esattamente come ha sempre fatto fino a oggi. Il tema digital tax continua a essere inspiegabilmente rinviato. E servirebbe affrontarlo una volta per tutte proprio per abbassare le imposte agli italiani che le pagano».

Anche il Movimento 5 Stelle chiede di non mettere in soffitta l’idea di una cedolare secca per gli affitti di pochi giorni, anche se avanza una proposta diversa: «Abbattiamo l’aliquota del 21% al 10% se si paga entro 60 giorni, diamo la possibilità alla piattaforma di fare sostituto di imposta e, senza imporre fantomatici registri, chiediamo che il ministero dell’Interno trasferisca i dati sugli alloggi all’Agenzia delle entrate», illustra il deputato pentastellato Daniele Pesco.

Intanto sono emerse alcune novità sull’Ape: chi accederà al prestito per l’anticipo della pensione non prenderà la tredicesima, così come è già previsto per Ape social e Naspi: il tutto – spiega il governo – per non rendere ancora più oneroso il successivo rimborso. Nel Dpcm che sarà pubblicato a gennaio dopo l’approvazione della legge di Bilancio sarà messo un tetto alla richiesta di Ape: del 95% della pensione certificata mensile nel caso di richiesta di anticipo di un anno, del 90% in caso di anticipo di due anni e dell’85% in caso di anticipo di tre anni.

Ecco la simulazione fornita da Palazzo Chigi: a fronte di una pensione certificata mensile netta di 1.286 euro (16.718 annui dato che le rate di pensione sono 13) si potrà ricevere per un anticipo di tre anni fino a 1.093 euro al mese (l’85% della rata mensile) ma questi saranno erogati per 12 mesi (prestito annuo di 13.116 euro). Su questo prestito si pagherà il 4,7% sulla rata di pensione per ogni anno di anticipo. Di fatto, a fronte di un prestito netto nel triennio di 13.116 euro si restituiscono in 20 anni, con rate di 208 euro per 13 mesi l’anno, 54.080 euro.

Nel caso illustrato la persona che ha preso il prestito per tre anni va in pensione con 1.078 euro netti al mese (invece di 1.286 dato che la rata è di 208 euro) per 13 mesi e quindi con 14.014 euro annui. La rata sconta l’alto premio assicurativo (il 29% del capitale) dovuto all’alto rischio di premorienza. Il prestito che può essere chiesto una volta compiuti i 63 anni, infatti, non ha garanzie reali e non si ripercuote sulla eventuale pensione di reversibilità ma va restituito tra i 66 anni e sette mesi e gli 87 anni e sette mesi, un’età superiore all’aspettativa di vita media. Dal governo ricordano che le mensilità sono 12 «perché si tratta di un prestito e non di una pensione» e che il tasso è vantaggioso perché il 50% dell’assicurazione e il 50% degli interessi sono a carico dello Stato. Si potrà chiedere anche solo per pochi mesi ed estinguere prematuramente senza costi.

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