L’Ue boccia l’Italia: spesa pubblica bassa sull’istruzione

by il manifesto | 8 Novembre 2016 8:45

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Un sistema dell’istruzione che non affronta i problemi di invecchiamento e riduzione dei professori. Renzi ammette di avere fatto errori sulla scuola. La Cassazione giudica positivamente l’assunzione dei docenti precari. Ma ancora oggi ci sono migliaia di supplenti

Investimenti pubblici tra i più bassi nei paesi dell’Eurozona; abbandono scolastico superiore alla media, ma con qualche traccia di diminuzione; il più basso tasso di laureati fra i 30 e 34 anni; un sistema dell’istruzione che non affronta i problemi di invecchiamento e riduzione dei professori. La transizione dalla formazione al lavoro che «è molto difficile anche per i più qualificati». Tutto questo «provoca la fuga dei cervelli» in Italia.

Nelle ore in cui Renzi ha rilanciato il conflitto con la commissione europea sui fondi per l’edilizia scolastica extra patto di stabilità, ricevendo da Juncker una risposta a muso duro, la stessa commissione ha reso noto un rapporto sull’istruzione non totalmente lusinghiero per il governo. Il documento si ferma al 2015, il primo anno della «Buona scuola» e apprezza il fondo da un miliardo stanziato dalla vecchia legge di stabilità, con l’impegno di finanziare il fondo con 3 miliardi all’anno, a partire dal 2016. Su questa cifra che oggi la commissione Ue e il governo stanno polemizzando.

C’è anche il riconoscimento positivo dell’assunzione di circa «90 mila insegnanti» a tempo indeterminato. Un dato che ieri è stato apprezzato anche dalla Cassazione. Dopo la Consulta, anche la corte ha trovato soddisfacente le assunzioni che avrebbero sanato l’abuso del precariato contestato dalla Corte di giustizia europea all’Italia. Nessuna di queste istituzioni ha spiegato tuttavia la ragione per cui, anche quest’anno, le supplenze non sono affatto diminuite e perché il governo ha fatto una distinzione tra i docenti abilitati con le Siss e quelli abilitati con Tfa e Pas quando ha assunto i precari.

Nel frattempo nel governo emergono malumori. A «Faccia a Faccia» di Minoli su La7, domenica Renzi ha detto che «Il mio più grande errore è stata la questione scuola, i soldi che abbiamo investito noi non li ha messi nessuno, non l’abbiamo gestita bene, ci abbiamo messo un sacco di soldi nella cultura». A molti queste parole sono sembrate un’accusa alla ministra dell’Istruzione Giannini. Renzi aveva già segnalato il suo scontento poco dopo il caos provocato dall’algoritmo del Miur sulla mobilità dei docenti della primaria quest’estate. Il suo «grande errore» può essere stato anche dovuto alle discriminazioni subite dai precari nelle assunzioni, molti dei quali sono stati costretti a fare il «concorsone» i cui risultati tardano ad arrivare in alcuni casi.

La genericità dell’auto-critica, non consueta nel caso del presidente del Consiglio, lascia sul campo molte ipotesi. Quella più strutturale riguarda i 3 miliardi per l’edilizia scolastica in un paese dove 9 istituti su dieci è a rischio sismico (sostiene da ultima Legambiente). Renzi sostiene che li spenderà, vedremo come risponderà l’Ue. Resta da capire dove il governo prenderà i soldi per colmare il divario sugli investimenti: l’Italia nel 2014 era ferma al 4,1% sul Pil, diminuita rispetto al 2013. Negli anni della crisi gli investimenti pubblici sono cresciuti annualmente dell’1,1 % in tutto il continente.

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