by Marina Catucci, il manifesto | 19 Novembre 2016 10:30
Intanto il prossimo inquilino della Casa bianca patteggia un risarcimento da 25 milioni di dollari per non andare a processo per frode
NEW YORK. La squadra di Trump prende forma concreta al di lá delle voci di corridoio. I nuovi tre nomi ufficiali sono quelli del generale Michael T. Flynn, alla Sicurezza nazionale, del membro del congresso Mike Pompeo come capo della Cia e di Jeff Sessions come ministro della Giustizia.
Flynn inizia subito con un problema da risolvere in quanto nessuno può assumere quell’incarico se non è fuori dall’esercito da almeno sette anni, a meno di non ottenere un permesso speciale che, presumibilmente avrá. Trump e il nuovo advisor per la sicurezza nazionale hanno molto in comune: entrambi si percepiscono come degli outsider che hanno fatto strada rompendo le convenzioni sociali, entrambi postano spesso su Twitter i propri successi e hanno entrambi superato spesso il limite dell’islamofobia.
UN ALTRO PUNTO IN COMUNE è quello di avere entrambi un rapporto disinvolto con la veritá e i fatti: il generale Flynn, ad esempio, ha affermato più volte che la Sharia, o legge islamica, si sta diffondendo a macchia d’olio negli Stati Uniti sostituendosi alla legge del codice anglosassone, ed evidentemente così non è; il numero di affermazioni personali presentate come fatti è così imponente che quando lavorava alla Defense Intelligence Agency i suoi collaboratori parlavano dei «fatti di Flynn» per distinguerli dai fatti reali.
In qualità di consulente, il generale Flynn ha già dimostrato di avere una potente influenza su Trump, ad esempio convincendo il presidente eletto che gli Stati Uniti si trovano di fatto in una «guerra mondiale» con i militanti islamici. Da qui la necessità di lavorare con alleati disposti a sostenerlo nella lotta, principalmente il presidente russo, Putin.
Tra i due, però, non è stato amore a prima vista; Pompeo durante le primarie aveva sostenuto il senatore della Florida Marco Rubio e solo a maggio un portavoce di Pompeo aveva dato un tiepido appoggio a Trump dicendo che il deputato avrebbe «sostenuto il candidato del partito repubblicano perché Hillary Clinton non può diventare il presidente degli Stati Uniti».
NON È PIÙ RASSICURANTE il nuovo capo della Cia, che invece concentra i propri sforzi più nel distruggere l’Irandeal. Il 52 enne Mike Pompeo è stato eletto alla Camera nel 2010 come parte della prima ondata dei cosiddetti legislatori Tea Party, ha un background che affonda le radici nell’ Accademia Militare e nella Harvard Law School, è stato un ufficiale di cavalleria dell’esercito americano prima di fondare una società aerospaziale, è stato poi anche il presidente di una società di attrezzature per l’estrazione del petrolio. Attualmente fa parte della Camera permanente del Select Committee on Intelligence ed è uno stretto alleato di Pence. «Ha servito il nostro paese con onore e ha trascorso la sua vita combattendo per la sicurezza dei nostri cittadini», ha detto Trump annunciando la nomina di Pompeo in un comunicato.
Durante gli anni passati Pompeo è stato sempre molto critico riguardo l’accordo sul nucleare del Presidente Obama con l’Iran: «Non vedo l’ora di rovesciare questo accordo disastroso con il più grande sponsor di stato al mondo del terrorismo», ha twittato Pompeo giovedì, poco prima che la sua nomina a direttore della Cia diventasse pubblica.
TERZA E ULTIMA NOMINA è quella di Jeff Sessions come ministro della giustizia, il cui tratto distintivo è una profonda avversione verso immigrati ed afro-americani. Senatore dell’Alabama, Sessions si è sempre schierato contro le nozze per persone dello stesso sesso, in passato ha più volte definito la National Association for the Advancement of Colored People (Naacp), cosí come la American Civil Liberties Union (Aclu), organizzazioni anti americane, e negli anni ‘80 non è diventato giudice federale in quanto giudicato troppo razzista. Le sue posizioni su ispanici e immigrati in genere includono il carcere preventivo in quanto, per lui, sono gruppi naturalmente portati a delinquere.
QUESTE NOMINE arrivano in concomitanza con l’annuncio che il nuovo presidente Usa ha patteggiato un risarcimento da 25 milioni di dollari per l’affaire della Trump university, nel quale era indagato per frode e che minacciava di ostacolare la sua ascesa alla Casa bianca.
LE MANIFESTAZIONI anti Trump intanto non smettono, e tornare a rivolgersi solo alla propria base sembra un segno di come in realtá Trump voglia un Paese diviso e un esercito di sostenitori infiammato e pronto a sostenete il «loro» presidente. Sempre ieri Trump ha annunciato un imminente Victory Tour che vuole intraprendere giá nelle prossime due settimane, e che lo porterá in tutti i 30 Stati che l’hanno votato. È tradizione che il presidente eletto faccia un viaggio per il Paese prima del proprio insediamento, Obama scelse di rifare il percorso di Lincoln dopo la sua prima elezione, ad esempio. L’idea di Trump di tornare dai «suoi» non è stata accolta bene da chi si augurerebbe una riunificazione tea gli americani.
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