by Luca Fazio, il manifesto | 8 Novembre 2016 8:58
La volontà popolare crea qualche grattacapo almeno alle oligarchie che governano l’industria agroalimentare. Il caso esemplare destinato a fare scuola riguarda l’olio di palma che gode di pessima fama per via della sua nocività (contiene grassi saturi in eccesso) e perché è considerato uno dei principali responsabili della deforestazione (ogni anno sparisce un milione di ettari di foresta per produrre 60 milioni di tonnellate di olio di palma, principalmente in Indonesia e Malesia). Un impatto insostenibile – anche per le strategie di marketing – che ha costretto le industrie a correre ai ripari per non compromettere l’immagine dei prodotti più consumati.
La pressione delle associazioni ambientaliste e dell’opinione pubblica nel 2015 ha spinto 57 industrie a sottoscrivere un accordo che prevede l’impegno ad utilizzare il 100% di olio di palma “sostenibile” (non responsabile della deforestazione). Un passo avanti ma non abbastanza poiché erano 137 le industrie che si erano impegnate ad utilizzare olio di palma certificato; solo il 17% della produzione mondiale oggi risponde a questo criterio di sostenibilità ambientale. L’approccio “virtuoso” è stato sottoscritto e poi rivendicato anche dalla Ferrero (Nutella) che ha appena annunciato al mondo di voler continuare ad utilizzare olio di palma: “Dal punto di vista della sostenibilità ambientale il nostro olio è migliore di quelli utilizzati dai concorrenti”, ha precisato il presidente di Ferrero Italia Alessandro d’Este. Affermazione “certificata” anche da Greenpeace.
Per fare di più e meglio rimane una sola strada: eliminarlo del tutto. Così ha deciso di fare Coop per circa duecento suoi prodotti a marchio (biscotti, gelati, merendine, omogeneizzati). Ci sono voluti sei mesi di lavoro per studiare e testare nuove formule nutrizionali prima di introdurre sugli scaffali la nuova linea di prodotti “palm free”. Con la stessa filosofia che ha ispirato l’atteggiamento nei confronti degli Ogm, la prima catena della grande distribuzione in Italia ha preso questa decisione in seguito al dossier pubblicato lo scorso maggio dall’Efsa secondo cui nell’olio di palma sono presenti alcuni composti contaminanti nocivi per la salute dei bambini.
“Non intendiamo fare demonizzazione gratuita, non è nel nostro stile – spiega Marco Pedroni, presidente di Coop Italia – abbiamo applicato il principio di precauzione che caratterizza le azioni di Coop a tutela dei nostri soci e consumatori. Per noi la sostituzione non è stata banale, bensì un processo complesso con cui abbiamo investito importanti risorse necessarie per procedere alla riformulazione nutrizionale dei prodotti. Un discorso a parte meritano anche i benefici in termini ambientali”. L’olio di palma è stato sostituito con oli monosemi e anche con olio d’oliva. Per portare a termine il processo di sostituzione sono stati sacrificati alcuni prodotti (qualche gelato) che non hanno mantenuto le caratteristiche organolettiche. Per i consumatori questo è l’ultimo dei problemi.
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