Almaviva, accordo a Palermo. Ma è ancora muro a Roma e Napoli

by Alfredo Marsala, il manifesto | 9 Novembre 2016 9:18

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PALERMO È arrivato al termine di una lunga trattativa al Ministero dello sviluppo economico l’accordo sul contact center di Almaviva a Palermo, fasi scandite dalla disperazione di tanti lavoratori di fronte alla prospettiva di abbandonare le famiglie e trasferirsi a Rende per 700 euro al mese. Il braccio di ferro tra aziende e sindacati si è chiuso con una intesa firmata ieri da Almaviva, Exprivia, ministero del Lavoro e dello Sviluppo economico e organizzazioni dei lavoratori. Ma se a Palermo i dipendenti tirano un sospiro di sollievo nonostante un accordo che salva il posto ma che comporta alcune rinunce, a Napoli e a Roma i lavoratori devono ancora capire quale sarà il loro destino. L’azienda ha comunicato il licenziamento collettivo di 2.511 persone e le parti sociali non si sono ancora sedute al tavolo delle trattative perché prima hanno affrontato la grana Palermo. La questione è stata solo sfiorata durante uno dei tanti incontri al Mise e informalmente è circolata una proposta verbale per i sindacati irricevibile: l’azienda sarebbe disposta a mantenere i presidi di Roma e Napoli a condizione che i lavoratori compartecipino. Come? Intanto rinunciando ai diritti acquisiti, come scatti e anzianità di servizio. Ma non basterebbe. Si chiederebbe anche un taglio del salario. In che percentuale non si sa, perché i sindacalisti che hanno ascoltato la proposta, riferiscono al manifesto, hanno subito bloccato l’azienda facendo capire che così come è stata fatta circolare non va: «Ne parleremo al tavolo». Non c’è ancora una data di convocazione, ma c’è molta fibrillazione. Su Roma e Napoli «le posizioni sono cristallizzate» spiega Stefano Cardinali della Slc Cgil Roma e Lazio. Ecco quindi confermato lo sciopero nazionale indetto dalla sigle sindacali di settore, per domani, visto che l’azienda è decisa a chiudere le due sedi. «Non ci fermiamo anche rispetto alle iniziative legali da intraprendere, ora la vertenza è incagliata, ma noi vogliamo ripartiamo dai 12 mesi di ammortizzatori sociali già concordati nell’accordo dello scorso 31 maggio», prosegue Cardinali.

Clima diverso a Palermo. L’intesa prevede il passaggio di 297 su 398 lavoratori impegnati nella commessa Enel da Almaviva a Exprivia, la società pugliese che si è aggiudicata la commessa dell’azienda elettrica e che comincerà ad operare sull’asset a partire da gennaio: i restanti 98 rimarranno a libro paga Almaviva. La firma ha stoppato i trasferimenti di una prima tranche dei 398 operatori che, senza l’accordo firmato ieri, Almaviva, dopo aver perso la commessa Enel, aveva deciso di trasferire a Rende. Entro il 14 novembre i lavoratori dovranno manifestare la propria disponibilità a trasferirsi in Exprivia ed entro il 5 dicembre saranno assunti con contratti a tempo indeterminato, inquadrati al terzo livello, senza scatti di anzianità, ma con le tutele previste dall’art.18 dello statuto dei lavoratori (in fase di contrattazione individuale). Exprivia si impegna ad attribuire al personale selezionato, che dovesse attualmente risultare ad un livello superiore al terzo del contratto collettivo delle telecomunicazioni, un superminimo individuale non assorbibile, che verrà stabilito in relazione al numero dei lavoratori selezionati con l’attuale livello superiore al terzo entro il costo aziendale massimo complessivo di 120 mila euro annui. Inoltre si impegna ad attribuire al personale un premio annuale una tantum. L’accordo prevede un gruppo di monitoraggio periodico che dovrà riunirsi con cadenza quadrimestrale sullo stato di avanzamento della commessa Enel. Le parti hanno sottoscritto anche un verbale di incontro nel quale Almaviva Contact ha specificato che il passaggio dei lavoratori ad Exprivia «avverrà su base volontaria»; nel caso in cui i lavoratori dovessero risultare in numero inferiore ai 297, come stabilito dall’accordo, Almaviva procederà ai trasferimenti a Rende. La soluzione trovata, comunque «non è indolore», commenta Giorgio Serao, segretario nazionale della Fistel Cisl «perché da parte dei lavoratori c’è un sacrificio economico da sopportare». Per la Cgil «tutto questo deve essere punto di partenza per ragionare di politiche industriali affinché si creino prospettive di occupazione e si dia seguito a tutte quelle azioni che finalmente permetteranno di regolamentare il settore: appalti al massimo ribasso, fondo strutturale, inasprimento delle sanzioni per i committenti».

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