Si tratta del capitolo pensioni che introduce anche l’Ape, e che vedrà anche «la ricongiunzione gratuita» dei versamenti fatti e i fondi per la non autosufficienza «che aumentano di 50 milioni, arrivando in tutto a 450 milioni».
Un modo per conquistare la base più popolare dell’elettorato? Può darsi, visto tra l’altro che le grosse istituzioni internazionali si sono tutte espresse per il Sì: dopo i prestigiosi endorsement di Barack Obama e Angela Merkel, passando per l’interessamento delle grandi banche d’affari, delle agenzie di rating, di bibbie della finanza come il Wall Street Journal e il Financial Times (con l’eccezione dell’Economist che è per il No), siamo arrivati ieri al presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker e all’Ocse.
Secondo l’Ocse il Sì al referendum costituzionale del 4 dicembre sarebbe «un passo avanti» per le riforme in Italia perché «semplifica il processo legislativo e chiarisce le responsabilità tra governo centrale e locale che impediscono gli investimenti pubblici e privati». Parola dell’outlook di novembre dell’organizzazione con sede a Parigi. «Proseguire e approfondire le riforme strutturali per migliorare il livello di vita di tutti gli italiani è fondamentale», conclude l’Ocse.
Altrettanto esplicito era stato, domenica in una intervista a La Stampa, il presidente della Commissione europea Juncker. Parlando del referendum del 4 dicembre, Juncker rileva che è un passaggio essenziale per definire l’architettura istituzionale dell’Italia nei prossimi anni. «Non voglio interferire in questo dibattito – ha precisato – Ma che l’Italia debba continuare un processo di riforme è una cosa ovvia. E che Renzi aggredisca i problemi dell’architettura istituzionale mi sembra una cosa buona». «Non so se sarei utile a Renzi dicendo che vorrei che vincesse il Sì, quindi mi limito a dire che non vorrei vincesse il No», ha concluso il presidente .
Ieri tra l’altro il Financial Times aveva rinnovato i suoi timori in caso di vittoria del No, ipotizzando addirittura il rischio di fallimento per otto banche, tra cui Monte dei Paschi di Siena, Banca Etruria, Carige e Popolare di Vicenza. Insomma la finanza internazionale guarda con attenzione al referendum, e lo testimoniano le tensioni dell’apertura di settimana ieri a Piazzaffari.
La manovra intanto ieri ha incassato il primo via libera del Parlamento: 290 i sì, 118 i no a Montecitorio, adesso passa all’esame di Palazzo Madama. Nessuno stravolgimento, ha sottolineato ieri Renzi in conferenza stampa con il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. In Senato i margini per ulteriori modifiche dipenderanno in gran parte anche dall’esito del referendum.
Oltre ad annunciare i 30-50 euro per i pensionati con assegno inferiore a mille euro, il presidente del consiglio rivendica di aver tagliato le tasse: alle aziende come ai pensionati più poveri. Renzi e Padoan, a una settimana dal fatidico 4 dicembre, hanno lanciato messaggi rassicuranti: nessun rischio di esercizio provvisorio, il Senato va avanti e avrà anche il tempo per nuove modifiche al ddl Bilancio.
La direzione intrapresa dal governo – ha notato il ministro dell’Economia – «è quella giusta»: a confermarlo anche l’Ocse che «dà il debito in calo nel 2016». «La solidità finanziaria del Paese – ha concluso dunque Padoan – continua a essere perseguita».
Una volta che il ddl bilancio passerà all’esame del Senato, dove l’iter entrerà nel vivo solo dopo il ponte dell’8 dicembre, sulla carta saranno diversi i capitoli che potranno essere ulteriormente migliorati: banche, enti locali e giochi sono i nodi in attesa di essere sciolti.