Francia. A destra ballottaggio tra conservazione e reazione

by Anna Maria Merlo, il manifesto | 27 Novembre 2016 9:29

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 Differenze chiare invece sulla visione della società, “multiculturale” per Juppé, con “radici cristiane” per Fillon. I dubbi degli elettori di sinistra

La destra francese sceglie oggi, al ballottaggio delle primarie, chi sarà il candidato della conservazione alle presidenziali della prossima primavera e che avrà buone possibilità di conquistare l’Eliseo. Due politici in attività dagli anni ’80 si contendono la nomina: Alain Juppé (nato nel ’45) e François Fillon (’54), entrambi ex primi ministri. Il primo turno è stato un successo di partecipazione, con più di 4 milioni di votanti (che hanno versato 2 euro e firmato una dichiarazione di adesione ai «valori repubblicani» della destra). La sinistra, impantanata nelle proprie divisioni e ammaccata dall’impotenza della presidenza Hollande, sta a guardare.

Gli elettori di sinistra sono in preda al dubbio: andare a votare, facendo qualche compromesso con l’etica firmando l’adesione ai «valori» del campo opposto, per favorire la destra meno bacchettona e meno punitiva di Alain Juppé, oppure stare a guardare la probabile vittoria di Fillon, arrivato ampiamente in testa al primo turno (44% contro 26%), con la speranza che così si apra uno spazio più ampio per il candidato della social-democrazia (ancora senza nome).
Juppé è Fillon non hanno programmi molto distanti in economia. Entrambi liberisti, differiscono per intensità nella somministrazione della purga sociale: tagli al pubblico impiego (meno 500mila per Fillon, meno 200-300mila per Juppé), fine delle 35 ore (per portare a 48 ore l’orario legale per Fillon e 39 per Juppé), austerità generalizzata per i più modesti e meno tasse per i ricchi (via la patrimoniale), età della pensione a 65 anni, fine della sanità gratuita per i più poveri (Fillon propone una dose di privatizzazione per tutti). Fillon vuole copiare Thatcher 35 anni dopo, Juppé è più moderato, per non traumatizzare una società «fragile».
La fachosphère, le reti sociali di estrema destra, hanno sostenuto a fondo Fillon, battezzando il rivale «Alì Juppé» (perché a Bordeaux, dove è sindaco, ha rapporti distesi con i musulmani). Fillon, del resto, vuole rimettere al loro posto gli immigrati: «quando si arriva a casa d’altri non si dettano le regole», in altri termini lo scontro tra i due contendenti è tra «assimilazione» e «integrazione». Fillon ha anche evocato l’idea di rivedere i manuali scolatici di storia, per tornare alla «narrazione nazionale» di un tempo (vuole mettere anche i grembiuli agli allievi).La vera differenza sta invece sulla visione della società. Nella settimana tra il primo e il secondo turno, c’è stata la polemica sull’aborto, con seri timori di restrizioni (almeno sui finanziamenti) se dovesse vincere Fillon, che è «personalmente» contrario e, dice, non vuole «banalizzare» l’interruzione volontaria di gravidanza. Differenze anche sulla legge Taubira che ha legalizzato il matrimonio omosessuale: Juppé non la toccherà mentre Fillon vuole ostacolare le adozioni e ha persino evocato la possibilità di far uscire la Francia dalla Corte europea dei diritti dell’uomo perché ha condannato Parigi per non aver registrato dei bambini di coppie francesi nati all’estero con la Gpa (gestazione per altri). Juppé constata che la Francia è una «società multiculturale», Fillon insiste sulle «radici cristiane» ed è stato definito dal suo avversario come «retrogrado», «nostalgico dell’ordine antico». Da queste prese di posizione derivano differenze nei confronti dell’islam.

Nel dibattito delle primarie della destra, alcuni temi sono stati sorprendentemente assenti: primo tra tutti, l’Europa. Juppé e Fillon hanno parlato molto più di Putin che di Bruxelles. Difatti, Fillon vuole avvicinarsi alla Russia (e a Bachar in Siria) per «realismo», Juppé lo accusa di «compiacenza» con il Cremlino.
Per Fillon hanno partecipato in forze al primo turno i cattolici tradizionalisti. Juppé ha un handicap non da poco: è stato condannato nel 2004 a 14 mesi con la condizionale e a un anno di ineligibilità per false assunzioni al comune di Parigi, quando Chirac era sindaco.

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