L’appello del Papa: «Clemenza per i detenuti»

L’appello del Papa: «Clemenza per i detenuti»

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CITTÀ DEL VATICANO All’Angelus Francesco chiede alle «autorità civili di ogni Paese» un «atto di clemenza» per i detenuti «che si riterranno idonei» mentre la manifestazione del partito radicale raggiunge i fedeli in piazza San Pietro, con tanto di cartello «Forza Francesco, grazie Marco» e una vignetta di Vincino nella quale Pannella tiene sulle spalle il pontefice e la scritta «amnistia!». Quello di ieri è stato un Giubileo delle carceri speciale, una giornata condivisa da cattolici e laici. Bisognava vederlo, Francesco, mentre nella messa celebrata in Basilica si rivolgeva a oltre mille detenuti arrivati da dodici Paesi: «Ogni volta che entro in un carcere, penso: perché loro e non io? Tutti abbiamo la possibilità di sbagliare, tutti in un’altra maniera abbiamo sbagliato…».

Per Francesco l’«essenziale» sta nel capitolo 25 di Matteo, le parole di Gesù sull’atteggiamento che nel Giudizio distinguerà i giusti dai dannati, «ero prigioniero e siete venuti a trovarmi…». Per questo ha voluto questa messa mentre si avvicina la conclusione, il 20 novembre, dell’Anno Santo della Misericordia. Tra le navate di San Pietro si vedono i detenuti con le famiglie, i bambini, i volontari, gli operatori, gli agenti della polizia penitenziaria. Francesco parla di speranza, della «liberazione» insita in ogni Giubileo. E dell’«ipocrisia» che ci spinge a vedere il carcere come «unica via» per chi sbaglia, «c’è poca fiducia nella riabilitazione». Si dimentica che «tutti siamo peccatori» e «spesso prigionieri senza rendercene conto», sillaba: «Quando si rimane chiusi nei propri pregiudizi, o si è schiavi degli idoli di un falso benessere, quando ci si muove in schemi ideologici o si assolutizzano leggi di mercato che schiacciano le persone, in realtà non si fa altro che stare tra le strette pareti della cella dell’individualismo e dell’autosufficienza». All’Angelus chiede anche «un miglioramento delle condizioni di vita nelle carceri in tutto il mondo» e «di riflettere sulla necessità di una giustizia penale che non sia esclusivamente punitiva» ma aperta al reinserimento nella società.

È la prima volta che una delegazione della marcia radicale è stata accolta in piazza San Pietro. Rita Bernardini, assieme ad altri compagni, è in sciopero della fame da 28 giorni. Iniziativa nella quale i radicali sono riusciti a coinvolgere 17 mila detenuti. Tra i quasi mille presenti alla marcia, Emma Bonino, il pd Walter Verini, Adriano Sofri, Totò Cuffaro (in prima fila), l’Unione delle Camere penali, Benedetto Della Vedova e gli esponenti dei Radicali italiani Riccardo Magi (segretario) e Antonella Soldo (presidente). Molti i gonfaloni, ma assente proprio il Comune di Roma: «Abbiamo provato a sentire la sindaca Raggi — spiega la Bernardini — ma si è negata più volte. Un’assenza maleducata e grave». Fabrizio Cicchitto, favorevole a un’amnistia per reati fino a quattro anni, chiosa: «È normale l’assenza, i 5 Stelle sono il nuovo partito giustizialista italiano». A chi accusa i radicali, risponde Sergio D’Elia: «L’amnistia è il provvedimento più strutturale di tutti, perché interrompe la flagranza di reato da parte dello Stato». Tra le altre misure chieste dai radicali, l’abolizione dell’ergastolo «ostativo» che non consente di accedere a benefici, misure alternative e la calendarizzazione della riforma dell’ordinamento penitenziario.

Alessandro Trocino Gian Guido Vecchi



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